Le restrizioni alla circolazione e le norme di distanziamento sociale imposte dal lockdown rendono difficile l’approvvigionamento secondo le consuete dinamiche: vale per le famiglie che devono fare la spesa, ma anche chi produce beni alimentari più o meno lavorati e chi li consuma in servizio è colpito dai disagi, per via delle chiusure di ristoranti e mense. L’avvio verso la “fase 2” e i successivi allentamenti dei vincoli permetteranno la ripresa delle attività, ma rimarranno molte limitazioni per i ristoratori e soprattutto sarà difficile trovare nuovi equilibri nel rapporto tra domanda e offerta alimentare.

IN QUESTO CONTESTO LA FONDAZIONE Bruno Kessler di Trento ha sviluppato un’applicazione per il settore – in funzione dal 2016 – che i suoi ricercatori hanno recentemente aggiornato per la fase emergenziale. Inoltre, proprio in questi giorni Bring the food ha ricevuto un ulteriore upgrade, ed è partita la sperimentazione pilota che coinvolge i ristoranti. Sostanzialmente gli esercenti che aderiscono possono proporre menù di prodotti semi-lavorati (come pasta fresca, sughi, e altro) in una propria vetrina virtuale, e raccogliere gli ordini sul territorio per produrre poi le quantità necessarie on demand. L’applicazione si distingue dalle canoniche piattaforme di food delivery non solo per la natura del bene offerto, ma per la tempistica. Raccogliendo gli ordini con un anticipo superiore alla giornata, gli operatori possono calibrare l’approvvigionamento per la produzione in base alla richiesta. I ristoranti limitano le eccedenze e fungono da veri e propri gourmet. L’applicazione presenta quindi due potenzialità che si pensa possano diventare centrali nel nuovo mercato della ristorazione: in primo luogo il contenimento delle eccedenze in un contesto di difficile comprensione delle dinamiche di domanda/offerta e in seconda istanza una soluzione alle criticità legate al luogo del consumo e all’impossibilità dei ristoranti di garantire come in precedenza il numero di coperti e servizio al tavolo.

LE CARATTERISTICHE RILEVANTI di Bring the food sono state sviluppate in diverse fasi del progetto, nato nel 2011 e cresciuto durante questa prima fase pandemica del Covid-19. Da qualche settimana ormai la Fondazione Bruno Kessler ha dato infatti il via a una collaborazione con il settore della ristorazione in provincia di Parma. Il gruppo di lavoro guidato da Adolfo Villafiorita ha personalizzato la propria applicazione per aiutare il comune di Fidenza a raccogliere pasti pronti sul territorio e garantire così all’ospedale di Vaio il sostentamento necessario: «Ogni giorno – spiega il ricercatore- alcuni dei migliori ristoranti preparano più di 150 monoporzioni che vengono raccolte con la disintermediazione dell’applicazione. In seguito sono distribuite al personale dell’ospedale e alle forze impegnate nel garantire assistenza sul territorio e pubblica sicurezza». Sono stati gli stessi esercenti che hanno cercato – tramite l’amministrazione comunale- uno strumento per potere dare il proprio contributo nella lotta alle problematiche connesse al virus.

L’APPLICAZIONE ERA STATA PENSATA nel 2011 come strumento per garantire il recupero di alimenti tra privati, ed era stata poi declinata in una versione al servizio degli enti a partire dal 2016: «Le varie associazioni che vengono selezionate, come per esempio il banco alimentare, indicano le loro necessità di recupero alimenti e vari soggetti presenti sul territorio possono mettere a disposizione le eccedenze. I donatori sono principalmente supermercati, piccoli negozi di alimentari, mense e ristoranti. Da un lato quindi l’ente può andare a fare raccolta sul territorio avendo già un’idea di quello che potrà trovare, mentre chi ha eccedenze ha il vantaggio che l’applicazione raccoglie i dati utili ai fini fiscali (secondo quanto prevede la legge 166/2016 Gadda, ndr) per i relativi benefici».

DALLA DATA DEL SUO DEBUTTO Bring the food ha visto crescere costantemente il numero dei soggetti aderenti e l’anno scorso ha permesso di distribuire ai bisognosi oltre 2 milioni e 200mila porzioni da 150 grammi, grazie a più di 200 donatori. La rete è attiva ormai capillarmente in tutto il nord est, ma si sta diffondendo anche in Lombardia, Emilia Romagna, Liguria, Toscana e Marche. «È la domanda degli enti e non l’offerta degli esercenti a determinare le quantità». Se così non si facesse si andrebbero a generare eccedenze impossibili poi da gestire, ma per la versione pilota dell’upgrade il team di Villafiorita si è invece ispirato ad altri modelli. «Al giorno d’oggi ci sono realtà dove per esempio i coltivatori di pomodori seminano in base agli ordini che ricevono dai compratori. È uno sviluppo del rapporto domanda/offerta nel comparto alimentare che porta un vantaggio in due diversi campi. Dal punto di vista ambientale si evitano sprechi legati alla produzione e al consumo energetico. Dal punto di vista economico questo approccio permette invece di calmierare i prezzi equilibrando il mercato, limitando le eccedenze e indesiderate variazioni di prezzo. Questa crisi dovuta al Coronavirus ci ha dato quindi lo spunto per uno sviluppo nella ristorazione che vada proprio in questo senso».

UN CORRETTO SVILUPPO DI QUESTA applicazione o similari potrebbe addirittura unire l’aspetto commerciale a quello di utilità sociale: la ristorazione limiterebbe le eccedenze gestendo al meglio gli ordini, e le inevitabili rimanenze residue potrebbero comunque rientrare nel circuito del recupero alimentare per i più bisognosi attraverso gli enti coinvolti. «Gestire il processo lungo una filiera più complessa non sarà facile e sarà determinante rendere il meccanismo più semplice e automatico» chiosa Villafiorita.