La corda è tesa e le scelta è una sola: dobbiamo prestare attenzione a non compromettere oltremodo i rapporti con il miglior fornitore di materia prima che il genere umano conosca, il pianeta Terra. Dal 1970 al 2010 l’estrazione di materiali primari dal pianeta (metalli, biomasse, combustibili fossili e minerali) è triplicata: da 22 miliardi di tonnellate annui si è passati a 70, da una media globale di 6 tonnellate pro capite a 10, con valori che variano parecchio tra i continenti. La quota dei materiali estratti nella regione Asia-Pacifico è più che raddoppiata (dal 24% al 53%), mentre quelle dell’America del Nord e dell’Europa si sono dimezzate (dal 19,6% a 9,7% la prima, da 20,9% al 10,5% la seconda). Con questi ritmi di produzioni e consumo, l’Unep stima che nel 2050 servirà immettere nel sistema circa 180 miliardi di tonnellate di risorse naturali, ovvero 20 tonnellate annue pro capite. Ne mancheranno però circa 29 miliardi come conseguenza dell’attuale intensità di prelievo e di un tasso di riciclo ancora molto basso a livello globale. In uno scenario anche qui di disuguaglianza tra i consumi dei vari Paesi, il fabbisogno energetico mondiale aumenterà del 30% entro il 2040, e con esso le emissioni di CO2 associate. Sebbene sia previsto a livello globale un miglioramento dell’accessibilità ai servizi energetici di base, si stima che nel 2040 nelle aree rurali dell’Africa sub-sahariana oltre 500 milioni di persone saranno ancora prive di elettricità (a fronte del dato attuale di 1,2 miliardi). L’energia è un diritto della persona per l’accrescimento delle sue competenze e opportunità, è uno dei fattori fondamentali che determinano la competitività dell’economia di un Paese e la qualità della vita della popolazione. Il sistema produttivo e distributivo dei principali beni alimentari, implica la disponibilità permanente di energia nelle sue varie forme. La produzione di cibo utilizza tra il 10 e il 30% del totale dell’energia consumata nei Paesi industrializzati. In Italia, ad esempio, in relazione a circa 1,6 milioni di imprese agricole e 70 mila realtà che lavorano nell’industria alimentare e delle bevande, rappresenta il 13% dei consumi energetici nazionali e il 18,8% delle emissioni di gas climalteranti. In un futuro che vedrà ancora primeggiare i combustibili fossili e il fiorire del nucleare in Cina, è evidente che la questione della produzione di energia sia cruciale per l’accesso a un cibo di qualità. Lo scenario richiede con urgenza il fiorire di soluzioni rinnovabili efficienti ed eco-efficaci, strategie di economia circolare e rigenerativa, politiche di decarbonizzazione, tutti fattori che forse ci toglieranno dall’imbarazzante situazione di dover consegnare alle future generazioni uno scenario poco promettente.