A placare i bollenti spiriti di Confindustria hanno pensato i dati sui contagi di ieri. L’aumento – relativo – dei casi e dei morti ha imposto di congelare la parola «riapertura». L’Italia rimarrà in lockdown almeno fino al 3 maggio. Dopo giorni di riflessione, il governo sceglie la linea di cautela e si appresta a rinnovare con un nuovo provvedimento tutte le misure di contenimento e le limitazioni agli spostamenti per altri 20 giorni concedendo solo aperture «mirate» per qualche attività produttiva come potrebbero essere le librerie. Dopo pasqua a riaprire saranno davvero in pochi: piccole attività legate alla filiera alimentare e sanitarie, forse le cartolibrerie.

Non solo: con una circolare il Viminale rafforza i controlli per Pasqua, chiedendo alle forze di polizia una particolare attenzione per evitare che gli italiani si riversino nelle seconde case.

AD ANNUNCIARLO LO STESSO Giuseppe Conte a parti sociali e Regioni: «Riaprendo le attività produttive rischieremmo di far risalire la curva dei contagi e di vanificare i risultati ottenuti». Ad anticiparla da Milano il ministro delle Autonomie Francesco Boccia che ha risposto senza giri di parole a Confindustria: «Abbiamo le idee chiare: dobbiamo mette in sicurezza la salute degli italiani».
Nel pomeriggio era andato in scena prima il dialogo con le parti sociali poi quello con le Regioni – con i presidenti Attilio Fontana (Lombardia), Stefano Bonaccini (Emilia-Romagna) e Nello Musumeci (Sicilia) presenti anche diversi sindaci, tra cui il presidente dell’Anci Antonio Decaro e la sindaca di Roma Virginia Raggi – in teleconferenza a ribadire la linea della chiusura totale nel giorno di pasqua per evitare scampagnate e assembramenti.

LE CONTINUE PRESSIONI di Confindustria avevano portato mercoledì Cgil, Cisl e Uil a chiedere un incontro al presidente del consiglio. La convocazione è stata quasi immediata: meno di 24 ore. Alle 16 di ieri pomeriggio è partita la teleconferenza con Giuseppe Conte e i ministri Roberto Gualtieri, Roberto Speranza e Nunzia Catalfo. Per le associazioni datoriali sono collegati i presidenti di Confindustria, Vincenzo Boccia di Conindustria – che ha dovuto incassare e dire «Decida lei presidente» – Maurizio Casasco di Confapi e Patrizia De Luise per ReteImprese, per Alleanza Mauro Lusetti (Legacoop) e Maurizio Gardini (Confcooperative) e per Confimi Paolo Agnelli.

Conte ha subito annunciato che «le misure restrittive continueranno, non ci sono le condizioni per allentarle».
Da parte sua Maurizio Landini ha denunciato «le deroghe eccessive alle imprese per riaprire decise dai prefetti e come sia necessario rispettare il Protocollo con sanificazioni, consegna di mascherine e dispositivi, organizzazione del lavoro con particolare attenzione ai trasporti per raggiungere le imprese». «Sono i dati e le valutazioni scientifiche a dover guidare le decisioni, non le forzatture a cui abbiamo assistito in questi giorni per riaprire subito», commenta la vicesegretaria della Cgil Gianna Fracassi.

Dal mondo industriale intanto ieri è arrivato uno storico accordo. Non tanto nel merito – le misure di sicurezza adottate negli stabilimenti quando si riaprirà: obbligo di mascherina, rilevazione delle temperature all’ingresso, distanziamento, sanificazione, procedure per evitare assembramenti, formazione del personale – piuttosto nel metodo: a firmare l’accordo con Fca sono stati tutti i sindacati, compresa la Fiom. Escludendo le gestioni degli ammortizzatori sociali nei singoli stabilimenti, si tratta del primo accordo aziendale unitario dai tempi di Pomigliano: era il 2010 e sono quindi passati dieci anni.

Il Covid19 si conferma un passaggio epocale. È riuscito a mettere fine all’apartheid subita dalla Fiom da parte dell’azienda con il silenzio-assenso degli altri sindacati.

Si tratta poi del primo accordo aziendale in cui ha avuto parte un virologo. L’immancabile Roberto Burioni è stato chiamato a fare da consulente e le sue valutazioni su come mettere in sicurezza i vari stabilimenti sono state prese in carico da Fca e sindacati.

«L’ACCORDO È IL RISULTATO dell’incontro tra le competenze di delegati, lavoratori e esperti e la volontà di sindacati e direzione di Fca di tutelare salute e garanzia occupazionale. La ripartenza graduale a partire dal confronto tra azienda e delegati che stabilimento per stabilimento (ripartirà prima la Sevel di Atessa, ndr) dovranno trovare le migliori soluzioni. Questo accordo resterà in vigore fino al 31 luglio 2020 e ci sarà un monitoraggio continuo. La Fiom ritiene un passo importante per i metalmeccanici il fatto che in piena emergenza scienza, conoscenza dei lavoratori e contrattazione abbiano guidato la trattativa fino alla firma dell’accordo dopo anni», dichiarano in una nota la segretaria generale Francesca Re David e segretario nazionale Michele De Palma.
Per una sorta di pax sindacale nessuno degli attori in gioco – azienda, Fiom, Fim e Uilm – ha voluto sottolineare la prima firma unitaria da un decennio. «La salute e la sicurezza dei lavoratori sono le priorità principali di Fca». Così Pietro Gorlier, responsabile della regione Emea di Fca, protagonista del nuovo clima sindacale.