«Proprio quando ne abbiamo più bisogno» era il titolo, qualche giorno fa, della mail di Joe Dante con la notizia che «Mad Magazine» stava per chiudere. Da ufficiosa, quella notizia è diventata ufficiale giovedì, confermata anche da alcuni illustratori storici, come Tom Richmond, che ha scritto sul suo blog: «Sapevamo che questo giorno stava arrivando. La settimana scorsa hanno licenziato un art director e tre dei quattro redattori rimasti… Non molte riviste possono continuare a uscire senza staff». L’editore della famosissima rivista satirica, DC Comics, non ha ancora rilasciato un vero e proprio comunicato stampa, ma è certo che, a partire da ottobre, «MAD» (dal 2018 già downsized, da otto, a quattro uscite l’anno) smetterà la pubblicazione di contenuti originali, e soddisferà l’impegno con gli abbonati esistenti mediante una serie di numeri a base di materiali d’archivio.
«’MAD’ ha avuto un’influenza incalcolabile sulla satira, la commedia in generale e lo humor di tutto il mondo» scrive ancora Richmond sul blog. «Ha dato spazio al lavoro di alcuni dei più grandi cartoonist della storia – Harvey Kurtzman, Jack Davis, Mort Drucker, Wally Wood, Will Elder, Al Jafee, Sergio Aragonese, Don Martin, Paul Coker, troppi per elencarli tutti».

PUBBLICATO dalla EC Comics a partire dall’autunno del 1952 (sarebbe passato – con l’intera la casa editrice – nelle mani della Kinney Parking Corporation e poi della Warner Bros. All’inizio degli anni sessanta), «MAD» ha traghettato lo humor americano dagli anni oppressi e oppressivi della Guerra fredda alla liberazione dei Sixties, con un picco di oltre due milioni lettori alla metà della decade successiva , storica la copertina dedicata a Nixon e Spiro Agnew durante il Watergate e ispirata al manifesto del film La stangata. Un classico fin dei primi tempi della rivista, le parodie cinematografiche di «MAD» hanno ispirato la qualità «meta» del lavoro di una generazione di registi cinefili come Dante, il cui cinema è forse una delle incarnazione più complete di quel mix di politica, cultura popolare, dada e graffiante irriverenza che caratterizza la satira made in «MAD» e che, colto il ruolo centrale che la pop cultura di massa avrebbe giocato nell’immaginario dei giovani, a partire dal secondo dopoguerra, ha reso la rivista così influente per decadi. Come i film di Dante, Milius, Spielberg e Landis, il Tg satirico creato da Jon Stewart, «The Daily Show», è un prodotto di «Mad Magazine». Prima di Stewart e Judd Apatow (un altro regista che attribuisce a «MAD» un’ispirazione fondante del suo lavoro) gli autori e gli attori di «Saturday Night Live», sono cresciuti su «MAD». «Non dobbiamo mai smettere di ricordare al lettore quanto poco riceve in cambio del suo denaro» è un’affermazione del creatore di MAD, William Gaines, che incapsula la libertà assoluta con cui la sua rivista ha sempre scelto i suo bersagli – uomini politici, religione, le corporation, Hollywood, Madison Avenue, il Vietnam, la bomba atomica, i media…..Niente è mai stato tabù per «MAD» e per il suo spirito affilatissimo, e giocosamente dissacrante. Alfred E. Newman, la mascotte con il sorriso sdentato e birichino e le orecchie a sventola, che ha graziato così tante delle copertine, ha fatto news nella campagna presidenziale in maggio, quando Trump l’ha paragonata al candidato democratico Peter Buttigieg.

È UNO SPIRITO, quello di «MAD» che marginalizzato con l’evolversi delle consolidazioni mediatiche, dagli anni ’90 ad oggi (catastrofico  per la rivista il trasloco della redazione da New York a Los Angeles, l’anno scorso) che si staglia come l’esatta antitesi del clima censorio e spaventato di questo momento. Internet, il declino della carta stampata, i cali delle vendite, il compattamento risultante dal takeover della Warner Bros. da parte di AT&T sono le cause oggettive e reali della scomparsa di «MAD». Ma la sua fine, proprio adesso, ha anche un’implicazione simbolica molto più profonda.

giuliadagnolovallan@gmail.com