Il parlamentare di Fi Carlo Sarro, l’ex sindaco di Caserta Pio del Gaudio, due ex consiglieri regionali della Campania sono tra i destinatari delle 13 ordinanze eseguite ieri dal Ros nell’ambito dell’operazione Medea, coordinata dalla Dda di Napoli, per aver fatto affari con il clan dei Casalesi, fazione Zagaria. Sono accusati di associazione di tipo mafioso, corruzione, intestazione fittizia di beni, turbata libertà degli incanti e finanziamento illecito ai partiti; sequestrati conti correnti per 11 milioni. Le indagini raccontano che le imprese del casertano sospettate di collusione o indagate presentavano false denunce per patite estorsioni da parte del boss latitante Michele Zagaria in modo da ottenere una ‘rigenerazione’ e accedere agli appalti pubblici.
«La Campania – ha spiegato ieri il procuratore Giuseppe Borrelli – a fronte di una rete idrica non proprio all’avanguardia, ha speso negli ultimi anni centinaia di milioni in appalti per somma urgenza che sono stato aggiudicati solo a ditte di Casapesenna, come se al di fuori di quel comune non ci fossero idraulici». Tra il 2001 e il 2005, su 10 milioni 698mila euro, il 58% sarebbe finito a ditte legate a Zagaria. Dal 2006 al 2010 la cifra è salita a 145milioni. Appalti piccoli senza gara, in modo da aggirare la normativa antimafia, andati a 70 imprese. Tra i politici in arresto, il sindaco forzista di Caserta, Del Gaudio (ex fedelissimo di Nicola Cosentino), decaduto a fine maggio per le dimissioni dei consiglieri. Giuseppe Fontana gli avrebbe consegnato 20mila euro per la campagna elettorale in cambio di una mano a eludere l’interdizione antimafia.
Angelo Polverino ne avrebbe intascati 30mila: ex consigliere regionale Pdl, è stato anche rinviato a giudizio per l’inchiesta sulle infiltrazioni del clan Zagaria nell’Asl di Caserta, la prima a essere commissariata per associazione camorristica. Secondo la Dda, la mente dell’operazione, «il creatore della rete o comunque fortemente coinvolto» sarebbe Tommaso Barbato: ex consigliere regionale e senatore Udeur, candidato non eletto nella lista Campania Libera in appoggio a Vincenzo De Luca, «all’epoca era in posizione dirigenziale nell’acquedotto e in stretto contatto con Francuccio Zagaria, che era la mente imprenditoriale del clan e gestiva l’ospedale di Caserta».
A Sarro viene contestata la turbata libertà degli incanti in relazione a una gara d’appalto della Gori spa. Sulla richiesta di domiciliari dovrà pronunciarsi la Camera. Sodale di Cosentino fino al suo arresto, amico di Denis Verdini (il suo nome era circolato tra quelli dei possibili «responsabili» verdiniani) ma anche di Maria Rosaria Rossi (potentissima factotum di Berlusconi originaria del casertano), vicino a Luigi Cesaro, nel 2012 l’allora governatore Stefano Caldoro gli affidò l’incarico di commissario straordinario dell’Ato 3 (76 comuni della zona Sarnese-vesuviana): doveva durare 6 mesi e invece non si è più mosso di lì, neppure quando è stato eletto senatore nella scorsa legislatura. Per sancirne la decadenza c’è voluto l’esposto del deputato 5S Luigi Gallo all’Autorità anticorruzione.
Sarro è intervenuto in materia di tariffe e per nominare il presidente della Gori (società mista che gestisce il servizio idrico in Ato3, controllata dall’Acea di Caltagirone), incarico affidato ad Amedeo Labocetta, ex camerata approdato a Fi. A luglio la Gori ha assegnato senza gara un appalto di 90mila euro per la gestione dei crediti alla Euroservice spa di Piedimonte Matese che, secondo Caserta c’è, potrebbe essere riconducibile a Maria Rosaria Rossi. A Roma ha presentato una legge per sanare gli abusi edilizi, è membro della commissione Antimafia e vicepresidente della commissione giustizia di Montecitorio. All’Ato 3 avrebbe «turbato il regolare svolgimento della gara d’appalto bandita dalla Gori relativa a lavori di manutenzione, pronto intervento, rifunzionalizzazione, ricostruzione e riabilitazione delle reti idriche e fognarie». Secondo la Dda, l’imprenditore Giuseppe Fontana, attraverso l’intercessione del fratello e della mogie di Nicola Cosentino, avrebbe tentato di ottenere da Sarro un grosso appalto «rappresentando altresì l’intenzione, qualora la sua richiesta non fosse stata esaudita, di denunciare lo stesso Sarro poiché destinatario di una tangente di 2,5 milioni di euro». Per il gip, Sarro avrebbe turbato la gara da 31milioni 710mila euro (iva esclusa), facendo vincere l’Idroeco srl di Lorenzo Piccolo e il Consorzio Stabile Grandi Opere riconducibile ad Antonio Fontana, ditte del clan.
La Gori non ha mai pagato l’acqua né la depurazione alla regione, le sue tariffe sono tra le più alte d’Italia eppure ha un buco di 122 milioni. Il duo Caldoro-Sarro ha provato a modificare i confini dell’Ato 3, per scippare le fonti agli altri territori. «Ci sono ancora tante ombre – denuncia Luigi Gallo – come l’inchiesta che riguarda Gori su possibili assunzioni clientelari».