Si sono arrangiati per una notte e poi ieri mattina sono tornati a occupare, questa volta hanno scelto i locali abbandonati degli uffici dell’Annona, di proprietà del comune di Napoli (foto sopra). Si tratta della piccola comunità, una quarantina di persone tra bambini e anziani, sei famiglie e ragazzi precari, che lunedì le suore dell’ordine del Buon Pastore hanno fatto buttare fuori dall’ex scuola Belvedere (di loro proprietà tramite una donazione) grazie a una denuncia alla procura. Le monache, dedite alla carità soprattutto verso l’infanzia, non hanno contattato gli ex occupanti, tanto per sapere se potevano fare qualcosa per alleviare almeno il disagio, visto che tutti i beni sono rimasti nella struttura sotto sequestro.
Pure la curia ha preferito fare un po’ di melina: il cardinale Crescenzio Sepe lunedì ha mandato il segretario a discutere con loro. Hanno però ottenuto un appuntamento con Sepe per domani, si tratta del rappresentante del maggior proprietario privato di beni immobili di Napoli. Nell’attesa, la chiesa ieri si è girata dall’altro lato: neppure un sacco a pelo hanno tirato fuori dagli scaffali, tanto per fare il gesto.
Così, mappa della città alla mano, si sono trovati da soli un altro posto dove vivere. Dal tranquillo e borghese quartiere del Vomero sono scesi nella ricca Chiaia e la loro presenza si è fatta subito notare, in una zona svuotata dagli abitanti in ferie. «Rivendichiamo il diritto al lusso» scherzano seduti sul muretto che porta all’edificio, sulle rampe Brancaccio: una struttura di tre piani che ieri mattina cercavano di ripulire armati di una ramazza di saggina, di quelle che oltre un decennio fa usavano i netturbini per pulire le strade, probabilmente trovata nei locali abbandonati. Dentro, uno strato di terreno alto qualche centimetro ricopre vecchio materiale da ufficio: estintori rossi, fotocopiatrici dell’altro secolo, scrivanie di moplen e alluminio, armadietti grigi. Niente acqua né luce, ogni piano collegato al successivo da una ripida rampa di scale. «Cercheremo di sistemare le famiglie con bambini al primo livello», spiegano.
Non tutti sono tornati: il tetto sulla testa adesso c’è ma occorre renderlo abitabile. Soprattutto i più piccoli, da un anno ai 10, vengono tenuti lontani, dai nonni, per evitare traumi e, soprattutto, non allertare i servizi sociali. Ci sono aderenti al progetto Bros, per cui il ministero ha stanziato 7,5 milioni che la regione si rifiuta di utilizzare e quindi restano senza casa e senza reddito. Ci sono lavoratori Astir, società per le bonifiche che la regione ha appena messo in liquidazione, un ex operaio Italsider, un cuoco e un muratore a spasso, ragazzi e ragazze con lavori precari, Sabrina con una malattia rara. «Abbiamo chiesto un confronto con il comune. Intanto le suore potrebbero almeno farci recuperare la nostra roba e magari ritirare la denuncia». Lunedì sono stati tutti identificati, per cinque di loro è scattata l’accusa di occupazione, furto e scasso. Davvero una strana forma di carità cristiana.