«Beatles fan» chiama gli spettatori Carlo Massarini i molti radunatisi per assistere al recital The Beatles Live Again. Magical Mistery Story, nell’ambito della rassegna I concerti nel parco. Anima due ore di musica e narrazione, oltre a Massarini, il gruppo dei BeatBox in una formula che già in aprile era approdata a Roma e che prevede altre date in agosto (S.Severa e Milano. Il narratore (critico musicale, fotografo, conduttore televisivo e radiofonico di grande esperienza) con i suoi mirati e affabulatori interventi fa sì che il «tour» non scivoli nella retrotopia o nel «Tale e Quale Show».

L’ultimo capitolo, in una formula abbreviata per motivi di tempo, è quello che va dall’estate del 1967 fino allo scioglimento, con una manciata di brani che si conclude con Let It Be. Si diceva retrotopia.

CERTO LA MUSICA dei Beatles – 22 brani, da She Loves You al bis Hey Jude – è l’elemento di forza e i quattro, giovani musicisti (Filippo Caretti, Marco Breglia, Jacopo Finazzo e Federico Franchi) sono bravi, oltreché tecnicamente, perché si calano nelle loro parti (i Beatles in varie fasi della loro carriera) come degli attori e recitano – con convinzione e a volte con ironia – un ruolo che è sonoro, gestuale, iconico. Nel concerto romano la «Magical Mistery Story» si è articolata in tre capitoli: il primo – costumi di scena quelli indossati al newyorkese Shea Stadium, 1965 – che li ha portati da I Wanna Hold Your Hands fino a Yellow Submarine per poi tornare indietro ai brani rock & roll e far ballare i fan. Il secondo è quello incentrato sull’album Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band del 1967, musicalmente il più interessante perché mai eseguito dal vivo e i BeatBox lo fanno con l’apporto fondamentale del quinto Beatles, Claudio Airo. Prezioso, peraltro, l’intervento introduttivo di Massarini per capire un’epoca di grande sperimentazione e l’uso della sala di incisione (analogica e a quattro piste) come strumento creativo. Meno efficace la parte costumistica, brani dalla title-track ad I’m the Walrus. L’ultimo capitolo, in una formula abbreviata per motivi di tempo, è quello che va dall’estate del 1967 fino allo scioglimento, con una manciata di brani che si conclude con Let It Be. Si diceva retrotopia.

LA POSSIBILITÀ di vedere i Beatles dal vivo – con risultati tecnici notevoli in quanto a qualità dei suoni, parti vocali, assoli e arrangiamenti – è intrigante, in particolare per i molti che hanno un rapporto soprattutto sonoro con le musiche epocali, visionarie e libertarie dei Beatles.
Facile, però, scivolare nella nostalgia di un’impossibile contemporaneità e il tutto, alla fine, può risultare un incrocio tra un parco sonoro tematico e una fantasia virtuale. Per fortuna ci sono le parole di Carlo Massarini e la qualità «mimetica» dei BeatBox.