Il mondo brucia, si ammazza, protende al suicidio climatico e noi impazziamo per la Ferragnexit, che non è un novello virus, ma la separazione di due star social. Lei, Chiara Ferragni, l’imprenditrice/influencer con milioni di follower e lui, Fedez, il rapper venuto dall’hinterland milanese, avevano già successo per conto proprio prima di conoscersi. Dopo il matrimonio e i figli il loro pacchetto di follower, e affari, è esploso, lievitava come un panettone. Ci avevano abituato, i Ferragnez, a postare ogni minuto della loro vita, dalla colazione al pigiama, dal primo dentino al nuovo divano, dal superattico all’operazione di lui.

Se una volta pensavamo che il personale è politico, con i Ferragnez abbiamo vissuto l’apoteosi del privato che diventa pubblico, tanto per dare l’idea di come sono cambiati i sogni generazionali, perché per ottenere sempre più follower servono i follower, quindi dei complici. Insomma, si era creata una cavalcata che pareva inarrestabile.
Poi è arrivato l’inciampo delle beneficenze di lei non tanto limpide, delle indagini della procura e Ferragni nel giro di un anno è passata dal «Sentiti libera» esibito su una stola a Sanremo alla contrizione pubblica. Le aziende con cui faceva affari hanno cominciato a scappare. Che ingrati. Da pochi giorni si sa che i Ferragnez si sono lasciati, per adesso. La notizia è stata top-trend, come si dice nel gergo di oggi, per giorni, e siamo solo all’inizio.
Chi si aspettava di essere informato ora per ora sulla loro crisi ha dovuto ricredersi. Se prima mostravano ogni minuto della loro vita, ora sono quasi scomparsi dai social, anzi parlano, ma usando i canali di informazione dati per vecchi, ovvero giornali e tivù. Il «Corriere» ha dedicato a Ferragni due pagine di intervista, Fazio la ospiterà il prossimo 3 marzo. Fedez appare più ritirato e a un giornalista ha detto: «Ha senso che io venga a raccontare i problemi della mia vita, con due figli, a voi?». Già, e prima, aveva senso?

È come se fossero scoppiati insieme una gigantesca bolla e uno svelamento. La bolla è quella di un successo che alimenta se stesso, e più ne hai più ne hai, in un crescendo così parossistico che, come tutte le bolle, prima o poi fa puff.
Lo svelamento mostra la verità dietro i lustrini, i like, le faccine, gli schermi con i filtri, ovvero che quando si sta male non si ha voglia di mettersi in mostra, di lavare i panni sporchi in piazza, si sarebbe detto un tempo. Se Ferragni parla è perché ha un impero economico da difendere, ma non lo fa dal suo mondo che finora è stato alla base del suo successo, la sua comfort zone, i social, no. Parla usando i mezzi della mamma e dei nonni, i giornali e la televisione, in una sorta di Torna a casa Lassie, telefilm che noi boomer ben conosciamo.
È una scelta molto diversa da quel primo video in cui, avvilita, di grigio vestita e quasi in lacrime, aveva chiesto scusa dopo lo scoppio del caso sulla beneficenza del panettone Balocco. I social non l’avevano capita e premiata, l’avevano massacrata. Le aziende, che badano ai loro affari, avevano cominciato a scendere dal cavallo non più vincente.
E allora, che si fa quando si sbaglia? Quelli astuti cambiano tattica, e Ferragni l’ha cambiata scegliendo di tornare dalla mamma della comunicazione, il vecchio caro giornale, la vecchia cara televisione.

Vuol dire che l’era dei like è finita? Non contateci. Morta una Ferragni, metaforicamente parlando, se ne fa un’altra. Io a 14 anni mi ero presa una cotta per Marlon Brando vedendo i suoi film in tivù. Oggi ci si innamora degli influencer. Che volete, ogni epoca ha i miti che si merita.

mariangela.mianiti@gmail.com