«Quelli sono peggio della sinistra: se non litigano non stanno bene». Scherza, ma mica tanto. Chi parla è una persona vicina a Grillo e Casaleggio e i «quelli» a cui fa riferimento sono i parlamentari cinque stelle che, guarda caso, a Roma sono impegnati nell’ennesima discussione. «E proprio mentre per la prima volta il M5S viene chiamato a discutere sulle riforme», prosegue l’interlocutore.

Come dargli torto? L’ultima lite è su chi dovrà far parte della commissione che la prossima settimana incontrerà di nuovo Renzi e il Pd per discutere di legge elettorale. Le stesse persone che hanno dato vita al primo incontro? Macché, troppo facile per le logiche grilline, che invece preferiscono aggrovigliarsi attorno a un improbabile concetto di rappresentanza fatto anche di capigruppo che cambiano ogni tre mesi. Nel mirino ci sono in particolare Luigi Di Maio e Danilio Toninelli, il vicepresidente della Camera e il relatore della proposta di legge grillina, che fanno coppia fissa dal giorno del primo vertice con il premier. Con Di Maio destinato ormai ad assumere un ruolo sempre più determinante nel movimento. Ecco, il punto è proprio questo: chi lo ha deciso? La questione è rispuntata nell’assemblea dei deputati di martedì sera, e non sono mancati i toni accesi da parte dei dissidenti, ma anche dei fedelissimi di Grillo che si sentono estromessi da qualunque discussione e decisione. Guarda caso le stesse cose di cui in passato si sono lamentati i dissidenti.

Il problema – per chi protesta – è che non si capisce chi e quando ha deciso che il ventisettenne vicepresidente della Camera dovesse assumere un ruolo sempre più determinante, al punto di prendere decisioni senza consultare l’assemblea. Insomma, sono in molti a sentirsi scavalcati. Compresi i componenti della commissioni Affari costituzionali di Camera e Senato che sulle riforme avrebbero pure qualcosa da dire. E qui entra in ballo Toninelli: fa parte anche lui della commissione Affari costituzionali, ma è l’unico a partecipare alle riunioni importanti, quelle in cui si prendono le decisioni. E questo non piace a molti. «E poi Di Maio che c’entra con le riforme?», è stato chiesto ancora. «Abbiamo criticato la Boldrini perché è di parte e poi mandiamo il vicepresidente della Camera a trattare per noi? che figura ci facciamo?».

Lui, Di Maio, ha preso atto e replicato con la consueta calma: «Va bene, ho capito, ma io ho sempre agito d’accordo con Milano e Genova, e poi ogni decisione verrà sottoposta al vaglio dell’assemblea». Posizione subito contestata: «E’ assurdo: che fai trovi un accordo con il Pd e poi mandi all’aria tutto perché l’assemblea dice no?». Ieri sera comunque, Di Maio si è fermato a parlare a lungo con il deputato dissidente Walter Rizzetto prima di incontrare i componenti della commissione Affari costituzionali.

Insomma, come al solito il M5S è una pentola a pressione. Alle gelosie per un Di Maio sempre più in primo piano e ai dissensi sul metodo scelto, si sommano anche le critiche sul merito. Di trattare con il Pd i puri e duri non vorrebbero neanche sentire parlare, così come di possibili cedimenti sul doppio turno. «Allora potevamo trattare con Bersani, avrebbe fatto meno danni di Renzi» è stata una delle contestazioni fatte in assemblea. Intanto c’è chi giura che tra i due fondatori del movimento non c’è nessuna divergenza e che la divisione trattativa si/trattativa no sarebbe solo un gioco delle parti. Al punto che quando è arrivata la lettera di Renzi, Casaleggio sarebbe sbottato: «Stavolta mi sono rotto le palle, mandiamo tutto al diavolo». Decisione rivista una volta calmato, mentre Grillo ha continuato ad attaccare pesantemente. In pratica il solito gioco del bastone e della carota, con il guru milanese attento ai gruppi parlamentari e l’ex comico intento a scaldare gli animi di iscritti ed elettori. Così, per non sbagliare, ieri Grillo ha dato l’ennesima bastonata: «Il Patto del Nazareno – ha scritto sul blog – è un salvacondotto per il culo di Berlusconi, che in cambio garantisce il suo appoggio al governo e al disegno controriformista di Napolitano».