L’istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (Isfol) è un ente di ricerca scomodo. Ha il mandato di analizzare gli andamenti del mercato del lavoro e le sue pubblicazioni rappresentano un punto di vista veritiero sulle cause della precarietà strutturale istituita in Italia dal lontano 1997, quando il centro-sinistra approvò il «pacchetto Treu».

Le sue ricerche servono, ad esempio, a dimostrare che l’aumento della precarietà non serve alla crescita dell’occupazione. A due anni dall’approvazione della riforma Fornero del lavoro, i suoi dati dimostrano l’aumento dei contratti a tempo determinato e l’esplosione delle assunzioni di breve e brevissima durata (anche per un giorno): +67,3%. Le imprese non sono affatto interessate a mantenere il lavoratore, ma ad usarlo in base alla domanda a cui devono far fronte. Inutile aggiungere che, in mancanza di una domanda forte, questo sarà il destino di chi avrà in sorte il «contratto a tutele crescenti». Questo contratto non sarà «rinnovato», sempre che non gli sia preferito il  «contratto Poletti» senza «causale». Una misura approvata qualche mese fa che rischia di entrare in contrasto con il  contratto contenuto nella legge delega. I contratti a tempo determinato restano infatti più convenienti rispetto a quelli indeterminati che beneficeranno di uno sgravio finanziato dal governo nella legge di stabilità.

L’approvazione del Jobs Act segnerà una svolta nella storia dell’Istituto. La delega sul riordino della normativa sui servizi per le politiche attive prevede l’istituzione di un’Agenzia nazionale per l’occupazione, risultato di un accorpamento dell’Isfol con Italia lavoro. Al termine di questo processo non ci sarà più un ente pubblico terzo deputato a svolgere il monitoraggio sulle politiche del lavoro. E nessuno valuterà il funzionamento del programma Garanzia Giovani, al quale il governo Renzi ha affidato la speranza di risolvere la disoccupazione giovanile, e che invece si è rivelato un fallimento. La valutazione spetterà all’esecutivo  che, in questo modo, controllerà  gli esiti delle sue politiche e si sentirà libero di comunicare i dati a seconda delle convenienze del momento.

La ristrutturazione mette inoltre a rischio la proroga dei contratti di 252 ricercatori precari in scadenza il 31 dicembre. Molti di loro lavorano per l’istituto da oltre 10 anni. A rischio anche i fondi europei del programma quadro 2014-2020. L’Isfol è infatti destinatario di molti finanziamenti grazie alle  ricerche condotte dai suoi precari. Una situazione che ha spinto ieri i ricercatori ad occupare l’istituto in Corso d’Italia a Roma con l’appoggio di tutti i sindacati (Usb, Flc-Cgil, Fir-Cisl, Uil-Rua, Anpri). Stamattina incontreranno i vertici del Ministero del lavoro per difendere l’Isfol e l’occupazione.

Da settimane in mobilitazione, i ricercatori hanno manifestato al Nazareno mentre Renzi esponeva le ambizioni della riforma del lavoro durante l’ultima direzione del Partito Democratico. L’unico deputato che si è fermato a parlare con loro è stato Pippo Civati. Nel frattempo, sotto una fitta pioggia, davanti all’entrata del Nazareno si era schierato un battaglione di poliziotti.