Da fine di un’era a vittoria storica, tutto in una notte. È successo in Albania, dove il premier uscente e leader del partito socialista, Edi Rama, dato per sconfitto nei primi exit poll, si avvia ora verso la conquista del terzo mandato consecutivo. Con più del 50% delle sezioni scrutinate, il partito socialista è avanti nella corsa elettorale con oltre 461 mila preferenze, pari al 48.8% dei voti.

SECONDO LE PROIEZIONI riportate dai media locali, il partito di Rama dovrebbe ottenere 75 dei 140 seggi del Parlamento, realizzando pressappoco il pronostico del premier alla vigilia del voto. «Che alba a Tirana», ha scritto su Instagram il premier che malgrado le critiche degli ultimi anni, si accinge a diventare il capo di governo più longevo della storia albanese. A seguire, il partito democratico (Pd), che ha conquistato il 39,3% dei consensi ed è in testa solo in tre delle dodici circoscrizioni in cui è suddivisa l’Albania. Fermo al 6,8% il Movimento socialista per l’Integrazione (Lsi) guidato da Monika Kryemadhi, moglie del presidente della Repubblica Ilir Meta, che con il Pd aveva firmato un accordo pre-elettorale con l’impegno a collaborare dopo le elezioni.

UN RISULTATO DELUDENTE per Lulzim Basha, candidato premier di centrodestra a capo dell’Alleanza per il cambiamento che non riesce ad andare oltre quelle che sono le tradizionali roccaforti del Pd. Ieri sera, a scrutinio non ancora iniziato, Basha aveva rivendicato la vittoria. «L’Albania ha votato per il cambiamento», aveva detto l’ex sindaco di Tirana, commentando alcuni exit poll che consegnavano la vittoria al fronte delle opposizioni.

Bene l’affluenza, leggermente più alta delle ultime tornate elettorali. In Albania si è recato alle urne il 48% degli aventi diritto al voto, ulteriore segnale della polarizzazione del dibattito politico che ha portato i principali partiti a mobilitare la rispettiva base elettorale. Il voto si è svolto in un clima di generale calma, a dispetto della vigilia elettorale carica di tensione, culminata nell’ultima settimana in due sparatorie ad Elbasan e Kavaja.

La sorpresa della tornata elettorale è il partito socialdemocratico del controverso uomo d’affari albanese, Tom Doshi, o meglio la sua rinuncia al seggio parlamentare all’indomani del voto. Doshi, escluso nel 2015 dal partito socialista, è tra le personalità cui è fatto divieto di entrare negli Stati uniti, accusato dal Dipartimento di Stato americano di «corruzione significativa».

LA STESSA AMBASCIATRICE americana in Albania, Yuri Kim, aveva fatto pressione su Rama perché non collaborasse con l’imprenditore. Doshi però ieri ha fatto un passo indietro, rinunciando al seggio vinto, per consentire un’alleanza di governo tra il suo partito e i socialisti di Rama. Con questa mossa, l’imprenditore albanese, che porta in dote due seggi, potrebbe agevolare la formazione di un nuovo governo, specie se il vantaggio di Rama dovesse assottigliarsi nelle prossime ore. Circostanza che sta già alimentando le polemiche in quello che prevedibilmente sarà un acceso post-elezioni.
Sarebbe stato difficile alla vigilia del voto pronosticare un tale risultato per Rama, persino per lo stesso primo ministro, rimasto in silenzio a seguire lo spoglio elettorale. E invece il leader socialista ha tenuto in tutto il Paese, anche a Durazzo, colpita dal terremoto nel 2019.

I CITTADINI ALBANESI, tuttavia, potrebbero aver rinnovato la loro fiducia nel premier più per i demeriti dei suoi avversari che non per i risultati raggiunti dai suoi governi. La sfida quindi per Rama sarà proprio questa, cogliere la lezione di un voto che al di là dei numeri indica un’erosione del consenso del Paese nei suoi confronti. Le opposizioni, che nel 2019 erano passate dalle manifestazioni di piazza al boicottaggio dei lavori del Parlamento, a quello delle urne nelle scorse amministrative, dovranno invece decidere se diventare grandi. Pd ed Lsi non potranno più rinviare quel processo di rinnovamento che permetta loro di costruire un’alternativa realmente credibile a Rama. Prescindere da questa riflessione è una condanna all’irrilevanza.