Chavela Vargas, la lotta di tutte le donne in una sola voce
Berlinale Nella sezione Special il bel documentario di Catherine Gund e Daresha Kyi sulla vita avventurosa della cantante latino americana
Berlinale Nella sezione Special il bel documentario di Catherine Gund e Daresha Kyi sulla vita avventurosa della cantante latino americana
Chavela Vargas è una delle cantanti più famose dell’America Latina, una donna che ha lasciato il segno sulle tradizioni della canzone ranchera messicana, con una voce che ti assale dentro con una forza emotiva inattesa, e ha cambiato il ruolo delle donne che la cantavano, evitando balze, fiocchetti, crinoline e scollature provocanti, a favore di un poncho tipico e di pantaloni da lavoro. Perché era lesbica e anche se per gran parte della sua vita non ha fatto coming out sulla stampa, lo diceva con tutto ciò che faceva, come si vestiva e come cantava, le donne che amava apertamente, la sua indipendenza anche dai discografici che ne hanno sfruttato una fama, che raggiungeva ogni angolo dell’America Latina, ma che la lasciarono in miseria per un lungo periodo, quando tutti pensavano persino fosse morta. D’altro canto le bottiglie di tequila che ingollava prima di ogni performance legittimavano l’aspettativa.
Il bel documentario Chavela di Catherine Gund e Daresha Kyi, presentato al festival nella sezione Panorama, racconta tutto questo, con rari materiali d’epoca, qualche disco con la sua voce roca di passione, dei brani di un’intervista quando era già in età avanzata, ma ancora arguta e vanitosa, interviste con le donne che l’hanno conosciuta e amata, ma soprattutto con Pedro Almodovar, che ha usato le canzoni di Chavela nei suoi film e in particolare, con Volver, ha portato alla sua riscoperta.
Considerata messicana, perché è lì che si è svolta la sua carriera canora, Chavela era nata da una famiglia benestante del Costarica, che non accettava i suoi modi da maschiaccio e la nascondeva quando arrivavano degli ospiti. Una foto la mostra adolescente matura vestita con pantaloni e camicia bianchi, capelli sciolti sulle spalle, bellissima, a fianco della sua famiglia, che si scosta evidentemente da lei: un’immagine che mostra la distanza affettiva in cui era tenuta, con una madre che non sopportava neppure di averla vicino.
Questo dolore e soprattutto una coraggiosa solitudine è nella sua voce, insieme con la sua difficoltà ad affrontare di esibirsi e cantare in un ambiente tradizionale come la canzone ranchera. Di qui la tequila e l’alcolismo. Dopo un’epoca d’oro in cui aveva amato,riamata, Frida Khalo,e ad Acapulco aveva frequentato il jet set hollyoodiano, risvegliandosi una mattina accanto ad Ava Gardner, Chavela era finita in miseria, dimenticata, quando una giovane avvocatessa, alle prese con una ennesima truffa dei discografici, si innamorò di lei e la riportò in vita e a cantare di nuovo. Il suo ritorno sulla scena e una sua esibizione a Madrid la avvicinò al suo riscopritore, Almodovar, che la portò fino all’Olympia.
Chavela racconta la telenovela lacrimosa ma ricca di suspense e di momenti toccanti, della sua vicenda, ripercorrendo con lei, con la sua voce e il suo viso segnato dalle rughe e nascosto dagli occhiali, e con la sua musica, la vita di una donna di grande forza e fragilità, fino all’happy ending dell’Olympia e al trasporto dei suoi ammiratori al suo funerale, quando ormai si era fatta leggenda.
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