Cultura

Charles Bukowski, cent’anni dissoluti

Charles Bukowski, cent’anni dissolutiDal graphic novel «Bukowski»

Intervista A colloquio con Alessio Romano, autore del graphic novel sullo scrittore americano (con i disegni di Roger Angeles), pubblicato da Liscianilibri

Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 14 agosto 2020

Avrebbe compiuto cento anni tra un paio di giorni, il 16 agosto, uno degli scrittori statunitensi più emblematici, popolari e controversi del Novecento americano: Charles Bukowski alcolizzato, sessuomane, lettore famelico, padre del realismo sporco, scritto e vissuto. È cosa nota che la sgradevole franchezza che si trova nelle sue poesie e romanzi attinga alla sua vita bieca e sregolata, comunque carica di successi e di riconoscimento. Proprio come racconta Alessio Romano, autore del graphic novel disegnato da Roger Angeles, in libreria per Lisciani editore (pp. 108, euro 14,90). Laureatosi con una tesi su John Fante, ha dedicato il libro alla memoria di Dan, il figlio dell’autore, in una specie di concatenazione di ammirazione, che va di scrittore in scrittore.

Da studioso, può spiegare quali sono gli aspetti che legano i due autori e quali tratti di Bukowski possono ricordare Fante?
Charles Bukowski trova in John Fante un formidabile modello di scrittura ma anche un prototipo umano in cui, al tempo stesso, ispirarsi e immedesimarsi: Arturo Bandini, sopratutto quello di Chiedi alla Polvere. La cosa curiosa di questa concatenazione è il fatto che anche Fante aveva subito una fascinazione simile per un altro autore, Knut Hamsun e per il suo romanzo Fame. Su questa catena letteraria a Torricella Peligna (il paese in Abruzzo dove è nato il padre di Fante) porteremo in scena uno spettacolo dal nome «Fame di polvere» per il festival dedicato a John Fante che lì si tiene a fine agosto. Nessuno scrittore è «sciolto» dalla letteratura che lo precede, nemmeno Bukowski che non era assolutamente un illetterato, ma anzi leggeva moltissimo, tra una scommessa alle corse e l’altra, tanto da avere opinioni spietate su molti dei suoi contemporanei e grande ammirazione per gli scrittori russi.

Lei è un autore di narrativa e questo è il suo primo fumetto. Come ha lavorato sulla sceneggiatura? Nella postfazione si legge che parte del testo è ispirata a una pièce teatrale: anche quella era scritta tutta in prima persona?
Da anni vado in giro con La Compagnia della Polvere portandomi dietro una grossa macchina da scrivere nera per festival, locali, persino in apertura di concerti. Insieme al musicista Christian Carano raccontiamo la vita di scrittori come Fante e Bukowski attraverso le loro stesse opere. Sono partito da quella selezione di testi (che però non era in prima persona) per l’operazione di scrittura più divertente della mia vita. Ho cercato di dare forma e senso a una biografia. Poi ho iniziato a sceneggiare, dividendo per sequenze e infine per immagini, aiutandomi con storyboard molto rudimentali.

Cosa ne pensa del metodo bukowskiano, disordinato e autodidatta? Preferisce il poeta o il romanziere?
Senza dubbio, nutro una passione per il Bukowski romanziere. Anche le sue poesie sono bellissime, di una semplicità spiazzante, ma l’insieme dei romanzi di Bukowski costituisce una sorta di autobiografia romanzata totale, come ce ne sono poche nella letteratura di tutti tempi. Mi piacciono molto anche le sue lettere e diversi suoi racconti. Charles Bukowski ha scritto una quantità enorme di pagine: muoversi all’interno della sua produzionesignifica perdersi in un labirinto. Comunque, anche un personaggio come lui ha frequentato corsi di scrittura, così come di pittura, ed è stato redattore di una rivista di poesie. Il «metodo Bukowski» – bere e scrivere senza studiare o leggere – è un mito che ha prodotto solo una marea di illeggibili imitatori.

Crede che la traiettoria esistenziale dello scrittore, così discontinua e dissoluta, abbia avuto a che fare con un suo disagio? Perché si ha la sensazione che non abbia mai avuto la volontà di redimersi…
Bukowski ha avuto un’infanzia terribile e ha trovato un antidoto alla solitudine solo nell’alcolismo e nella letteratura. Non è mai riuscito a integrarsi con il resto della società. Gli ultimi suoi anni di vita, con una moglie premurosa e tanti gatti intorno, sono stati sereni. Ma lui non è mai cambiato, neanche dopo aver raggiunto un successo planetario.
Come si è svolta la collaborazione con Roger Angeles? Vi trovavate in accordo rispetto le scelte grafiche e cromatiche?
Con Roger abbiamo parlato insieme di tutto: dal soggetto, alla sceneggiatura di ogni tavola, al tipo di stile e colorazione. Credo che il vero valore di questo fumetto stia nell’interpretazione delle atmosfere che Roger Angeles è riuscito a ricreare. E spero proprio che questo sia solo il primo di tanti altri lavori insieme.

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