Prima la minaccia di sciopero generale, poi – dopo la conferenza stampa di Matteo Renzi – l’entusiasmo per gli 85 euro in busta paga. Ieri, finalmente, la Cgil ha carburato: Susanna Camusso, durante la trasmissione di Canale 5 Matrix, ha chiesto «l’abolizione del decreto Poletti», quello sui contratti a termine e l’apprendistato.

Ma già durante tutta la giornata era stato un susseguirsi di tweet cigiellini contro il provvedimento. Anche la Fiom ha taciuto, per quasi 48 ore dopo gli annunci messianici del premier. Ma sempre ieri Maurizio Landini, seguendo a ruota la segretaria, ha detto la sua: «Vedo un allargamento della precarietà». Avrà aiutato l’ultimo numero del manifesto, che praticamente in solitaria – nel generale silenzio degli altri media su questo tema – ha ospitato opinioni molto critiche nei confronti del programma economico-lavoristico del duo Renzi-Poletti. Creando anche un nuovo brand: «RoboCoop», ovvero i contratti formato coop, che nonostante la matrice e la tradizione di sinistra, ci paiono piuttosto precarizzanti e iper liberisti.

«Siamo disposti a discutere di un contratto unico, ma prima bisogna abolire il decreto» sul lavoro che prevede contratti a termine senza causale per tre anni – ha detto la leader della Cgil – «perché si è fatto esattamente l’opposto di quello che lo stesso premier dichiarava: si è creata un’altra forma di precarietà». Camusso, insomma, nota una contraddizione già messa in evidenza dall’ex segretario Cgil Sergio Cofferati, ovvero che se si fa spazio ai contratti a termine senza causale per tre anni, praticamente non ha senso varare neanche il «contratto unico» che inizialmente era stato proposto nel Jobs Act: perché il primo sarà infinitamente più attrattivo per le imprese, in quanto del tutto sprovvisto di tutele.

La Cgil propone quindi di togliere di mezzo il contratto de-causalizzato, e di ritornare a parlare di quello a tutele crescenti.

Ovviamente, c’è da capire se Renzi sarà disposto a discutere, perché finora il premier si è detto contrario al vecchio metodo della concertazione: «I rapporti con il presidente Renzi sono, dal punto di vista delle relazioni con le parti sociali, inesistenti – ha detto a proposito Camusso – Mi pare che abbia affermato in varie occasioni che non intende incontrarle. Alle richieste di Confindustria ha risposto: “Invece dei tavoli mandatemi delle mail”. «Ma noi un incontro non lo richiederemo via mail e nemmeno via twitter», ha poi aggiunto ironicamente.

Perché il contratto-Poletti non piace alla Cgil? «È una forma per cui una persona può essere assunta e licenziata per tre anni senza alcuna ragione e senza alcuna causa – spiega Susanna Camusso – Siamo preoccupati e contrari. Siamo all’opposto di quell’idea di riduzione della precarietà e dell’incertezza dei lavoratori che sarebbe necessaria». «Se questo contratto sostituisse tutte le forme di contratti precari – ha concluso la sindacalista – sancirebbe il fatto che non ci sarebbe nessuna regola: e non mi pare una buona soluzione. Siamo disposti a discutere invece di un contratto unico» a tempo indeterminato, «ma prima bisogna abolire il decreto che hanno deciso di fare».

Camusso ha poi criticato direttamente Poletti: «Vorrei dire al ministro del Welfare che ogni tanto ci sono metamorfosi un po’ rapide. Fatico a riconoscere le dichiarazioni fatte oggi con quelle di quando era alla guida di Legacoop». «Fatico a riconoscere – ha aggiunto – la dimensione di chi diceva che bisogna investire sul lavoratore e sulla sua formazione con l’idea che l’unico contratto che si utilizza è quello a termine. Da un lato si dice che il lavoro deve essere al centro e dall’altro si nega la dignità al lavoro. Leggo in questo una rinuncia».

Infine la segretaria Cgil ha avuto anche da ridire sugli sgravi Irpef, definendo ovviamente come positivi quelli riconosciuti ai lavoratori, ma invitando il governo «a dare risposte anche ai pensionati, ai disoccupati e ai tanti precari».

Landini dal canto suo, oltre ad attaccare il governo sul tema dei contratti a termine, ha notato l’assenza di una politica industriale nei piani del premier: «Manca un’iniziativa sulle politiche industriali e la ripresa degli investimenti – ha detto – Senza una ripresa degli investimenti pubblici e privati non si creano posti e si rischia di accompagnare il processo di pesante deindustrializzazione già in atto».