«La decisione di inserire le norme sull’equo compenso nelle prestazioni legali anche nella legge di Stabilità attesta, ancora una volta, la mancata volontà del governo e, in particolare, del ministro della Giustizia di risolvere il problema dei compensi dei non dipendenti». È quanto dichiarano la Consulta delle Professioni della Cgil, Filcams Cgil, Nidil Cgil e Agenquadri.

«In questo modo – si legge nella nota congiunta – si prosegue nella segmentazione di un mondo del lavoro già fin troppo frammentato, con un’impostazione divisiva, non contrattata con le parti sociali e con le associazioni, e schiacciata sulle posizioni degli Ordini professionali».

Il giudizio della Consulta delle Professioni della Cgil, Filcams, Nidil e Agenquadri sul testo all’esame della Commissione Giustizia di Montecitorio e quello presente nelle indiscrezioni della legge di Bilancio  «è negativo, poiché – spiegano – non vi è stato nessun confronto e nel provvedimento non si garantisce chi è più debole nel mondo dell’avvocatura, né la restante parte dei professionisti e dei freelance, che non vengono neanche considerati».

«Per questo – dichiara ancora la Cgil – insieme all’associazione Forense Mga, e con accordi di massima con altre associazioni, abbiamo presentato e depositato una proposta di legge (AC 4408), aperta a suggerimenti e modifiche, che si propone di risolvere quello che crediamo sia il principale problema del sistema forense, ovvero lo sfruttamento degli avvocati di studio, sottopagati, a volte non pagati, attraverso cui peraltro un’élite di avvocati rende inefficiente il sistema degli studi legali» .

«Crediamo sia necessario lavorare per un equo compenso destinato a tutti i professionisti e non solo per una categoria, nel solco della proposta di legge “Carta dei diritti universali del lavoro”, che attribuisce i diritti alla persona a prescindere dal contratto. E – concludono Cgil, categorie e Agenquadri – riteniamo indispensabile il coinvolgimento di tutte le parti interessate» .