Centomila lavoratori, piazza San Giovanni piena di bandiere, palloncini, slogan. E di tante storie di crisi, spesso di povertà. La giornata di mobilitazione indetta da Cgil, Cisl e Uil – la prima insieme, dopo ben 10 anni, nel luogo simbolo della protesta nella capitale – ha avuto un buon impatto nonostante siamo già in piena estate, ma il rischio è che già da oggi le priorità del lavoro tornino in secondo piano. Un messaggio essenziale per il governo, ripetuto in ciascun intervento da tutti e tre i segretari generali: «Letta, il tempo è finito. Chiarisci se stai dalla parte dei lavoratori e dei pensionati, la parte più consistente del Paese, e agisci. Basta annunci, serve l’azione».
Cgil, Cisl e Uil sono quindi insoddisfatte dei (quasi) primi due mesi del nuovo esecutivo, e chiedono un cambio radicale, che deve andare principalmente in due direzioni: 1) creare lavoro, ma non solo con gli incentivi, ma anche difendendo le fabbriche, i cantieri, i servizi che già esistono e che sono a rischio; 2) varare forti sgravi fiscali a dipendenti e pensionati, inasprendo invece la tassazione su rendite e alte patrimoni, oltre a sanzionare maggiormente l’evasione fiscale.

[do action=”citazione”]Critiche al decreto Giovannini: «Non bastano gli incentivi, si salvino le fabbriche»[/do]

Luigi Angeletti, segretario della Uil, è il primo a prendere la parola dal palco. Agli imprenditori dice, che «è vero che siamo sulla stessa barca ma non su quella di chi si mette la mano sul cuore se c’è l’inno di Mameli e poi porta i capitali all’estero». Riferendosi al «pacchetto Giovannini» che il consiglio dei ministri dovrebbe varare mercoledì, Angeletti spiega che «non basta un decretino per l’occupazione giovanile o una semplice aggiustatina alla riforma del mercato del lavoro: servono piuttosto interventi che rendano i contratti a tempo indeterminato meno costosi di quelli flessibili. Altre misure sembrano tentativi di fuga dai problemi veri, senza uno straccio di efficacia».

«Perché si perde ancora tempo? – chiede il leader della Cisl, Raffaele Bonanni – Il governo Letta deve dimostrare coraggio. Ci sono troppe tasse che servono a mantenere un presepe sempre uguale a sè stesso: la riduzione dovrà essere fortissima per lavoratori, pensionati e imprese che investono. Il governo ci dica da che parte sta: guarda a questa piazza, o a chi intorbida e affossa l’Italia con l’evasione?».
Il tema delle tasse, tantopiù che il centro della discussione politica nella maggioranza è quello di Imu e Iva, ha attraversato anche l’intervento della segretaria generale Cgil. Susanna Camusso ha ribadito che la priorità del taglio delle tasse dovrà essere concentrata su «lavoratori, pensionati, e imprese che investono». Sottolineando: «Solo quelle che investono e innovano, creando posti di lavoro». A scanso di equivoci, ha ribadito di ritenere «sbagliato» che si tagli l’Imu anche a chi ha «diverse case e palazzi». Insomma, non riduzione delle tasse a tutti e indiscriminatamente – come vorrebbe soprattutto il Pdl, favorendo così i ricchi –ma solo a chi è più debole e crea lavoro.
Infatti Camusso lancia anche un messaggio alle imprese, molto critico: «Si parla della stessa barca, che imprese e lavoratori hanno gli stessi interessi e obiettivi. Ma spesso su quella stessa barca non stiamo insieme, ma si buttano a mare i lavoratori. A Confindustria dico che abbassare le tasse non vuol dire abbassare il cuneo fiscale: in passato si è fatto, ma non ne è uscito fuori un investimento o un posto di lavoro. Si deve tagliare la tassazione solo a chi investe e crea lavoro. E poi, se stiamo sulla stessa barca, perché Confindustria non chiede al governo di far ritirare il piano Indesit? Possibile che imprese iscritte all’associazione, che fanno utili in Italia, poi licenzino per investire quegli utili in Polonia e Turchia?».

La segretaria Cgil ha criticato poi il piano di incentivi che il governo sta preparando: «Ok spingere per le assunzioni dei giovani, ma che diciamo dei lavoratori in cassa e in mobilità? Puoi mettere tutti gli incentivi che vuoi, ma se non difendi le fabbriche, i cantieri, i servizi che già ci sono, il lavoro non lo crei».

Ancora, Camusso ha criticato il fatto che si voglia parlare degli esodati solo da settembre: «È un’emergenza che non si deve mai dimenticare, e va risolta subito». Così come è sbagliato il blocco dei contratti del pubblico impiego: «Perché danneggia i lavoratori, non investe sui servizi che servono a tutti i cittadini, e contribuisce ad affossare i consumi». Non si devono aumentare i ticket, e si devono salvare gli appalti delle pulizia scolastiche. Insomma, «il governo non ha più tempo, deve agire oggi. Perché noi non ci fermiamo a questa piazza».