Vienna: una sede non “per caso”. È nella Capitale austriaca – scossa in queste ore dallo scandalo che ha travolto la destra estrema di governo del partito Fpo, in particolare il suo leader Heinz-Christian Strache, e che sta trascinando con sé l’esecutivo Kurz – che la Confederazione Europea dei Sindacati ha scelto di svolgere il proprio Congresso. Assise che si tiene – a partire da ieri – nei giorni immediatamente precedenti le elezioni per il Parlamento europeo.

Città scelta, lo ha ricordato senza mezzi termini nella sua relazione introduttiva il segretario generale della Confederazione, Bruno Visentini, insieme alla Ögb – la Confederazione sindacale austriaca -, per dimostrare la solidarietà dell’intero movimento sindacale europeo e il sostegno ai lavoratori austriaci nella lotta contro il loro Governo di estrema destra.

Ricordiamo in breve la dimensione della Ces/Etuc: ad essa aderiscono 90 confederazioni nazionali – tra cui, per l’Italia, Cgil, Cisl e Uil – e 10 sindacati europei, per un totale di circa 45 milioni di tesserati.

Ma, soprattutto, con quale programma politico si presenta a questo appuntamento congressuale la Confederazione europea dei sindacati?

“Vediamo crescere i partiti dell’estrema destra, i nazionalisti e persino i neo-fascisti – ha detto Visentini – e siamo preoccupati per quello che sta succedendo in Ungheria, in Polonia e nel mio paese, l’Italia, ma anche in Francia, nel Regno Unito con la Brexit, in Germania con l’Afd, in Spagna con Vox e via dicendo.”

Ancora, ha notato Visentini, molti dei partiti dell’estrema destra europea sono corrotti e spesso “influenzati da paesi e forze che sono al di fuori dell’Ue”, che vogliono “la dissoluzione del progetto europeo”.

In pericolo, dunque, per la Ces, sono i diritti civili, ma anche quelli sociali, la libertà di associazione, di organizzazione e di contrattazione collettiva, che sono pilastri della democrazia europea.

Sentimenti negativi che crescono anche tra i lavoratori, anche iscritti ai sindacati europei: i quali si assumono, dunque, la responsabilità di comprendere le cause della diffusione di tali sentimenti e si impegnano per contrastarne le cause.

A mettere in pericolo la democrazia europea è il fatto che l’Unione abbia perso la sua “anima sociale” a causa delle conseguenze della crisi, della disoccupazione, delle crescenti disuguaglianze, della povertà e dell’esclusione sociale.

La risposta della Confederazione Europea dei sindacati è l’impegno – prosegue Visentini – per un’Europa “basata su democrazia e giustizia sociale, lavoro di qualità, salari più alti, e una transizione sostenibile ad un’economia digitale e senza carbone”.

Dunque, la proposta è quella di un “nuovo Contratto Sociale per l’Europa” che veda impegnate insieme le Istituzioni europee e nazionali e le forze produttive. Occorre lavorare, perciò, per la realizzazione di “un protocollo di progresso sociale” da inserire nei trattati e da attuare attraverso la legislazione dell’Unione.

Adottare un piano straordinario di investimenti pubblici e privati; far crescere i servizi di protezione sociale; riformare la governance economica dell’Unione. Un’Unione, insomma, che si faccia promotrice di giustizia sociale e di occupazione di qualità, di crescita economica sostenibile e determinata nell’equità e progressività della tassazione.

Il dialogo sociale è, per i sindacati europei, il metodo per ricostruire le fondamenta dell’Unione.

E questo è il pilastro intorno a cui si devono annodare i tanti fili che compongono la trama della ricostruzione dell’Unione sul piano sociale che, per i sindacati, in questo drammatico momento storico, è ineludibile per salvare la democrazia e il futuro comune dei cittadini europei.

* Cesare Damiano, ex parlamentare del Pd, è stato ministro del Lavoro nel governo Prodi dal 2006 al 2008