Sblocco di 20-25 miliardi di debiti della pubblica amministrazione, via libera a 794 milioni di euro di incentivi alle imprese che assumono per due anni apprendisti sotto i 29 anni, rinvio a ottobre dell’aumento dell’Iva dal 21% al 22%. Questo, in breve, il decreto lavoro, un omnibus che il Senato ha approvato ieri con 203 voti favorevoli, 35 no e 32 astenuti. Entro il 6 agosto l’approvazione definitiva della Camera. Per il ministro del lavoro Enrico Giovannini creerà 100 mila posti per nuovi apprendisti e 70 mila da tirocinanti tra i 18 e i 29 anni dal 2013 al 2016. A questi ultimi è stato dedicato un piano di inclusione specifico, finanziato con 168 milioni nel Mezzogiorno. Si prevede l’estensione al Sud della «social card», una misura assistenzialistica per le famiglie povere (440 euro di sussidio) con un fondo da 167 milioni.

Gli apprendisti potranno beneficiare delle misure contenute nel decreto se non hanno la licenza media, oppure sono disoccupati da sei mesi oppure hanno una famiglia a carico. Gli incentivi alle imprese saranno distribuiti soprattutto nel Mezzogiorno (500 milioni), il resto (294 milioni) nelle altre. Le imprese interessate a formare la platea di 170 mila persone scelta dal governo godranno di una decontribuzione fino a 650 euro al mese per 18 mesi, 12 mesi se si tratta della stabilizzazione di un contratto a termine. Le imprese che assumeranno un giovane disoccupato che beneficia dell’Aspi riceveranno un bonus mensile del 50% sul residuo dell’assicurazione. Invece di essere ricalcolata e andare ad un altro disoccupato, l’Aspi spetterà all’azienda che assume il lavoratore «in formazione».

Questo ulteriore favore alle aziende, e non ai diritti di chi ha perso il lavoro, è accompagnato da una serie di incertezze sull’«apprendistato breve», cioé il contratto di formazione-lavoro che al governo interessa per fare qualcosa contro la disoccupazione giovanile che secondo l’Istat ha raggiunto a giugno il 39% tra i 15 e i 24 anni. Ai neo-diplomati e ai neo-laureati under 29 potrebbero andare 225 euro mensili (il calcolo è dell’Isfol) provenienti dal cadeau di 500 milioni di euro fatto a Letta dal Consiglio Europeo di fine giugno. Questa misura, assai modesta, si chiama «garanzia giovani».

In un documento di analisi sul Dl 76, l’associazione nazionale dei consulenti del lavoro (Ancl) sostiene che le misure sull’apprendistato non sono strutturali, ma rispondono ad una «perdurante emergenza». Sono cioè applicabili fino al 31 dicembre 2015, per fronteggiare la grave situazione occupazionale. Dopo si tornerà all’antico disordine. Secondo l’Ancl il governo ha creato uno «stato di eccezione» di un paio d’anni durante il quale la Conferenza Stato/Regioni sarà obbligata ad adottare le linee guida per la semplificazione dell’apprendistato. Questo avverrà entro il 30 settembre. Cessata l’emergenza-precarietà, le regioni torneranno all’attuale ordinamento. Nel Dl lavoro si annida un altro «stato di eccezione» e riguarda l’Expo a Milano nel 2015. La «strana maggioranza» Pd, Pdl e Scelta Civica non si è messa d’accordo sulla proposta delle imprese di derogare all’«acausalità» dei contratti a termine fino al sesto contratto, riservando alle aziende anche la possibilità di licenziare il lavoratore previo conferimento di un risarcimento. La protesta dei sindacati ha permesso di spacchettare il provvedimento e affidare la decisione alla concertazione tra le parti sociali. La decisione verrà presa entro il 15 settembre. Il Dl lavoro modifica le norme della riforma Fornero sull’intervallo tra il rinnovo di un contratto a termine e un altro. Li riporta all’origine: una pausa di 10 giorni per quelli fino a sei mesi, 20 per quelli di durata superiore. Prima la pausa era di 60-90 giorni.

La misura che ha allietato la depressione delle larghe intese al governo è stata la garanzia dello Stato per i pagamenti dei debiti della PA per altri 20-25 miliardi. «Una leva decisiva per la crescita» l’ha definita il Vice ministro all’Economia Stefano Fassina. Arriveranno nuove tasse a causa del blocco dell’Iva fino a ottobre: aumento dell’acconto fiscale al 100% dell’Irpef, il 101% della Tares. Si rassegni chi ha pensato di smettere di fumare, passando alla sigaretta elettronica. Nel 2014 le tasse aumenteranno del 58,5%.