Prima di un lungo viaggio ci si assicura che tutto sia a posto. I più premurosi controllano che il gas sia staccato, che il rubinetto centrale dell’acqua sia chiuso e che il frigorifero sia spento. Le uscite della prossima settimana, con la Mostra del Cinema di Venezia al suo esordio, sembrano tradire le ansie di chi vuole tenere tutto sotto controllo quando è in procinto di partire. È come se il gas, l’acqua e il frigorifero continuassero a funzionare in nostra assenza.

«Ritratto di famiglia» di Roschdy Zem

IN REALTÀ, esiste un pubblico che non partecipa ai grandi eventi e non è interessato alle spasmodiche attese di fronte a un tappeto rosso nella speranza di azzeccare il cosiddetto selfie con star non scioperante alle spalle. E forse, nel quotidiano, oltre che da Oppenheimer, questo stesso pubblico, rimasto a casa, potrebbe essere incuriosito da opere che approdano nelle sale a quasi un anno dalla loro presentazione ufficiale.
Così tra i numerosi titoli previsti per giovedì prossimo, mescolati (e un po’ nascosti) tra le anteprime veneziane, troviamo a sorpresa Ritratto di famiglia di Roschdy Zem, commedia che trae spunto da un espediente narrativo, l’incidente di un uomo che sbatte la testa e a causa del trauma cranico cambia personalità, e si espande nel racconto di una famiglia con i suoi piccoli drammi, soprattutto, sentimentali ed economici.
In concorso al Lido nel 2022, il film scritto a quattro mani con Maïwenn, diretto e interpretato da Zem, qui al suo sesto lungometraggio (e con oltre cento prove d’attore), si tiene a distanza da alcuni modelli logori. In altre parole, nei dialoghi e gesti di questa famiglia numerosa di origine marocchina, scossa dall’improvvisa trasformazione di uno dei suoi componenti, vengono meno i tanto abusati temi religiosi. I conflitti sono generati dalle difficoltà lavorative di chi non riesce ad arrivare a fine mese, dalle carenze relazionali di chi, invece, è un noto e ricco personaggio della televisione (il ruolo scelto da Zem), e dal dramma amoroso del protagonista che cela la propria solitudine fino al giorno della rovinosa caduta, quando in quello stesso corpo si rivela l’inquietante presenza di un altro uomo. Moussa, questo il suo nome, da persona mite e disponibile diventa misteriosamente irascibile e scortese, smentendo l’idea che siamo il risultato della nostra storia, cioè di quello che abbiamo fatto fino a quel momento. È sufficiente un colpo al cervello e tutto si sgretola per riformarsi in altro.
Se Ritratto di famiglia è un racconto intimista, dotato di provvidenziale leggerezza, sulla perdita dell’empatia e sul faticoso tentativo di ricostituirla, The Store di Ami-Ro Sköld è la presa d’atto che alcuni aspetti centrali della nostra esistenza, come il lavoro, il tempo richiesto per svolgerlo e il compenso che ne ricaviamo, hanno distrutto una volta per tutte il complesso universo delle relazioni professionali, amicali, sentimentali e famigliari.

QUESTA INTERESSANTE co-produzione svedese italiana, presentata al Bfi London Film Festival 2022 e, lo scorso gennaio, al Festival di Rotterdam, mescola più generi e sovrappone storie diverse, pur facendo riferimento a un luogo preciso, un discount.
The Store è un film eccentrico che richiede attenzione nel seguire le molteplici linee narrative. Riesce, però, tra finzione live action, animazione in stop motion e sguardo documentario, a dare testimonianza di un tempo che è stato letteralmente divorato, da un lato, dalle dinamiche interne al mondo del lavoro; dall’altro, da un sistema che prevede consumo e inquinamento. Storie di relazioni che si rompono nel precariato che tutto uccide, di una genitorialità che in queste condizioni perde di senso, di un’adolescenza e di un’infanzia che invocano come unica formula di riscatto il ritorno al potere dell’immaginazione.
Lo scontro, o uno degli scontri, è proprio tra fantasia e necessità, tra lo scoppio di vita di due sorelline mascherate che desiderano pattinare e la dipendenza degli adulti privati di ogni libertà perché forzati a soddisfare unicamente i bisogni primari. Il discount, perciò, è l’epicentro del consumismo e della disgregazione. E propaga un terremoto che non ha mai fine nel creare rovine. Un luogo di guerre tra chi ha poco e chi non ha niente. Protagonisti live e animati sono i lavoratori di uno dei tanti mercati del mondo, costretti a elemosinare ore di prestazioni mal pagate per sopravvivere, e i senza tetto che nei dintorni si accontentano di sottrarre i rifiuti a una società che non è disposta nemmeno a concedere i propri scarti.