Il 12 marzo del 2011 l’influenza – fino a quel momento – rivoluzionaria delle primavere arabe sbarca in Europa, più precisamente a Lisbona. Il 15 maggio è la volta della Spagna, dove gli indignati si impongono come i protagonisti assoluti di un differente modo di intendere la politica. Ancora una volta, dopo la transizione democratica degli anni settanta, per i due paesi della penisola iberica sembra che la storia possa tornare a procedere nella stessa direzione.

Dopo gli entusiasmi iniziali la Geração a Rasca, «generazione precaria», perde di slancio, muore e viene sostituita dal Que se lixe a Troika (che si fotta la Troika – Qslt) che ha l’innegabile merito di ridare vigore al ciclo di proteste. Questa volta però l’organizzazione è un po’ meno “dal basso”, o, se vogliamo, è un po’ più strutturata, e più permeabile, forse troppo, rispetto ai vari partiti della sinistra di non quanto fosse stato quella della Geração a Rasca, che invece aveva un atteggiamento più distaccato e antagonista.

Dalla rigenerazione al riflusso

Grazie all’impulso del Qslt, quello che è generalmente considerato un paese “tranquillo”, dos brandos costumes, si trova a vivere in un clima di rigenerazione simile a quello che si respirava nel biennio della Rivoluzione dei garofani (1974-1976). La manifestazione del 15 settembre del 2012 è tra le maggiori di sempre. Solo a Lisbona sono quasi 500 mila le persone a urlare «queremos as nossas vidas de volta» («rivogliamo indietro le nostre vite»), ma la partecipazione si diffonde capillarmente per tutto il paese da nord a sud in più di 30 città. Il 2 marzo seguente sono addirittura 800 mila le persone che sfilano per le vie della capitale.

Da questo punto in poi però le strade di Spagna e Portogallo tornano a dividersi. Mentre da un lato gli indignados si radicano, germogliano e costruiscono una nuova generazione politica dal cui seno, in parte, si formerà Podemos, dal lato occidentale della penisola iberica due anni di fermenti non si tramutano in nulla di concreto e, poco per volta, la delusione si trasforma in oceanico riflusso.

In Portogallo, quindi, dal movimento Que se Lixe a Troika non è nato nulla di analogo a Podemos. Chi ha guidato il Qslt non ha voluto, non ha potuto o non è semplicemente riuscito a strutturarsi in modo più organico. Contrariamente a quanto sta accadendo in Spagna e Grecia, anni di politiche austeritarie non hanno determinato grossi cambiamenti nel sistema partitico che, al momento, rimane avviluppato su se stesso.

Certo, la sinistra radicale lusitana è tradizionalmente forte – il Partido Comunista Português (Pcp) e il Bloco de Esquerda (Be) ottengono alle elezioni politiche del 2005 il 14% dei voti, quasi il 18% a quelle del 2009 e, alle europee dello scorso anno, insieme al Livre (Liberdade, Esquerda, Europa, Ecologia), scendono di poco al 17% – ma poi, in pratica, le divisioni interne inibiscono, o quasi, ogni potere effettivo di influenza.

Nonostante la drammatica crisi sociale, un’unità è oggi impensabile, dal ciclo di proteste che si è sviluppato tra il 2010 e il 2013, non è emersa una volontà politica in grado, pur mantenendo le identità di ognuno, di trovare punti di convergenza al di là dei pur legittimi elementi divisivi. Perché indipendentemente da quel che si può pensare della sovranità nazionale, degli accordi di Maastricht, dell’Euro, dell’Europa e dell’alleanza “al centro” con il partito socialista (Ps), è evidente che l’assenza di un progetto unitario, anche se contingente, rende del tutto irrilevante il fronte delle sinistre. Nei sondaggi il Pcp è dato al 9%, il Be al 4% e il Livre al 2,5%, ma questi numeri, purtroppo, non sono sommabili.

La vittoria irraggiungibile

In presenza di strategie opposte e quindi inassimilabili, l’obiettivo della vittoria appare all’opinione pubblica come irraggiungibile, viene così a mancare un effetto di trascinamento generato dalla percezione che l’andare a votare possa determinare un cambiamento reale.

Come se non bastasse il Ps guidato da Antonio Costa, oltre a non avere chiarito quale sarà il suo programma economico e sociale per le elezioni del prossimo autunno, sta inanellando errori su errori, non da ultimo l’avere affermato in una convention per investitori, che oggi, il paese, è decisamente più in forma di non quanto lo fosse nel 2011!

Così, paradossalmente, tra gli interstizi delle divisioni degli avversari, la destra fa breccia e il rischio di una riconferma di questo governo alle elezioni del prossimo 20 settembre, o, quanto meno, di una non sconfitta , è una possibilità più che concreta (attualmente i sondaggi indicano un pareggio).