L’illuminazione a gas o elettrica ha certamente cambiato, a partire dall’Ottocento, il volto di molte città, nonché il modo di viverle. Prima di quest’epoca, almeno per l’illuminazione pubblica, già fra Quattro e Cinquecento si erano avviati sistemi per rischiare le strade con lampade a olio, ma prima di quella data, nel pieno Medioevo, candele e lampade si utilizzavano negli spazi privati e per gli spostamenti. Certamente l’espressione «secoli bui» per definire quelli medievali non nasce da questo, ma Beatrice Del Bo l’utilizza ironicamente per parlare del tema nel suo L’età del lume. Una storia della luce nel Medioevo (il Mulino, pp. 312, euro 20).

L’ESPRESSIONE NASCE ai tempi di Petrarca e trova il suo apice nel secolo dell’Illuminismo, ma ormai ricorre soltanto nel parlare comune (purtroppo), poiché decenni di storiografia ne hanno messo in luce (e il caso di dirlo) la vivacità sotto il profilo politico, sociale, culturale, scientifico. È tuttavia un bello spunto per ragionare su come si faceva luce nel «buio» medioevo. Prima di tutto, si tratta di una storia materiale: come ci si illuminava? Le candele, ci dice Del Bo, erano il mezzo più diffuso, ma non appartenevano a un’unica tipologia: ve n’erano di sego, realizzate con grasso di animali a seconda delle zone di fabbricazione, e di cera, queste ultime tre volte più care delle precedenti.

LA CERA ERA UNA MERCE preziosa per via delle difficoltà di produzione e di raccolta, e per il fatto che spesso si importava da regioni orientali o comunque lontane. Per questo le candele rientravano fra quei beni dei quali si doveva garantire la disponibilità, magari calmierando i prezzi. Oltre che per il materiale di cui erano composte, vi erano poi i supporti a fare la differenza: lumi, torce, lampade variavano per foggia e materiali da oggetti di poco conto per gli umili a manufatti pregiati per chi se li poteva permettere, magari decorati con stemmi di famiglia, senza dimenticare quelli che servivano per le processioni, impreziositi in mille modi.

Al di là della cultura materiale, vi sono gli usi. Proprio partendo da quelli religiosi, nei quali la luce rappresenta anche un simbolo della presenza di Dio e dalla salvezza delle anime; si ricordi almeno la liturgia della luce durante la veglia di Pasqua, con il cero quale elemento centrale; o l’espressione Via Lucis per indicare le Stazioni della Resurrezione. Per contro, il buio è associato al regno del demoniaco: nella cultura medievale le sette ereticali si muovono e celebrano al buio, spesso si immaginano orge rituali di eretici che avvengono durante le loro riunioni, appena si spengono le candele.

C’è poi la quotidianità del lavoro, alla quale Del Bo dedica ampio spazio, poiché la luce serve per realizzazioni che non potrebbero farsi altrimenti, da quelle al telaio fino alle scritture degli amanuensi di monasteri e scuole cattedrali. Per tracciare un quadro a tutto tondo, L’età del lume si serve di una messe di fonti assai varie, da quelle documentarie a cronache e novelle, riuscendo così a dare un quadro ricco e piacevole di un Medioevo finalmente «illuminato».