«Hanno formato un cerchio intorno a me, hanno iniziato a muovere le mani. In quel momento potevo solo urlare, neppure parlare», è il racconto di una delle decine di donne molestate o violentate in piazza nei giorni scorsi. Per Amnesty International e Human Rights Watch, sono stati ben oltre cento i casi di donne molestate in piazza dal 29 giugno al 3 luglio scorso, mentre erano in corso imponenti manifestazioni che hanno portato alla destituzione dell’ex presidente Morsi. Le donne egiziane hanno subìto aggressioni gravi dall’esercito in varie occasioni, a partire dal 9 marzo 2011, quando 17 donne sono state arrestate dai militari in piazza Tahrir e accusate sommariamente di prostituzione, subendo test della verginità. Sul tema degli stupri ci sono due spiegazioni assai divergenti. C’è chi parla di azioni organizzate, perpetrate da movimenti con precisi obiettivi (molti puntano il dito contro i Fratelli musulmani), per spingere le donne a lasciare la piazza. Altri riferiscono di azioni non coordinate, condotte da orde di pervertiti, di «giovani poveri», né musulmani né laici, semplicemente il «branco maschile». Azza Kamel, nota attivista, femminista e cooperante non ha dubbi sulla domanda su che cosa succede in piazza: «Non è una novità. – risponde – Sono episodi che si ripetono sistematicamente. Soprattutto in contesti caotici come questo, la piazza è fuori controllo. Ma in questo caso, per il numero massiccio di episodi del genere, mi sento di dire che si tratta di una strategia precisa».

«Credo – prosegue – che alcuni gruppi politici organizzati, in particolare Fratelli musulmani e salafiti, agiscano sistematicamente per impaurire le donne in piazza e fermarle. In altre parole, vogliono che le donne smettano di scendere in strada per questo sono pronti anche a fare uso della violenza. Per le vie del Cairo, le donne molestate sono diventate protagoniste nei graffiti dei giovani artisti egiziani. In alcuni, soprattutto su via Mohammed Mahmoud, si vede il volto di una donna terrorizzata, circondato da uomini con coltelli insanguinati; in un altro, viene rappresentata una donna in catene; e ancora si distingue tra i colori il volto di una ragazza imbavagliato.

Sui metodi usati per violentare le attiviste in piazza abbiamo parlato con Ziad Abdeltaweb, direttore del Cairo Institute for Human Rights Studies che ha dato le notizie sulle violenze sessuali e che sa come agiscono gli stupratori. «Sono uomini in genere vestiti in borghese – risponde -, spingono le donne verso posti bui, non vogliono avere nessuno intorno a loro, in alcune circostanze hanno fatto uso di oggetti metallici pesanti che provocano profondi tagli degli organi genitali delle vittime.. Ma per quel che riguarda le responsabilità politiche, i presunti mandanti di questi crimini sciagurati, Ziad Abdeltaweb si mostra più cauto: «Questo punto è controverso – ci dice -, certo, la risposta ufficiale dei Fratelli musulmani è sempre stata che queste donne non dovrebbero andare in piazza Tahrir per protestare o che sono prostitute, quindi in qualche modo meritano di essere trattate così. Questa giustificazione è già grave. Ma non spiega le responsabilità dirette. Esiste poi una responsabilità della polizia che non agisce per fermare gli stupratori».

Ed esistono gravi responsabilità dei militari nella violazione dei diritti delle donne. Al Sisi, il capo di stato maggiore e ministro della difesa che ha deposto con l’esercito Morsi è l’uomo che ha voluto, applicato e difeso l’abietto sistema delle perquisizioni corporali sulle donne come «test di verginità». «Non sappiamo – risponde Ziad – se il Comandante supremo delle Forze armate Abdullah Fatah Al-Sisi abbia ordinato direttamente i test di verginità. Ma quando è stato ufficialmente accusato di questo non lo ha purtroppo negato. Certo, neppure i militari hanno avuto comportamenti rispettosi dei diritti delle donne e in generale dei diritti umani. Non siamo ottimisti, speriamo che il governo torni subito nelle mani di politici eletti. Contro le violenze – conclude -, dallo scorso gennaio, sono attivi ora in piazza Tahrir alcuni gruppi di giovani ed attivisti della società civile tra cui l’Organizzazione contro le molestie sessuali e Tahrir bodyguards che intervengono cercando di separare le vittime dai violentatori e dare un primo soccorso alle donne».