Il cinema sud coreano è al giorno d’oggi una delle cinematografie più interessanti e vitali non solo del continente asiatico, ma anche a livello internazionale. Un importante ed attuale esempio sono i tre film sud coreani che saranno presentati in competizione al prossimo festival di Cannes, una sorta di coronamento della rinascita avvenuta durante gli anni novanta del secolo scorso. Per una serie di motivi politici, culturali ed economici la fine degli anni ottanta e l’inizio del decennio successivo hanno rappresentato per il cinema della penisola asiatica un periodo di grande crescita e sviluppo artistico.

Uno dei volani che ha aiutato ad accelerare questo processo è stato sicuramente il Busan International Film Festival, fondata nel 1996 la manifestazione in questi ultimi vent’anni è riuscita a conquistarsi un posto importantissimo nel panorama festivaliero internazionale diventando non solo il festival più grande del continente asiatico ma anche quello più prestigioso. Una delle ragioni per cui il BIFF è riuscito a conquistarsi questa posizione è da attribuire alla capacità dei suoi organizzatori di aver saputo rompere con le «vecchie« censure ed i vincoli che ingabbiavano il cinema e gli eventi cinematografici sud coreani acquisendo così un respiro più internazionale. Ora questo idillio del festival coreano con il suo paese sembra essersi rotto definitivamente, tanto che, stando alle ultime notizie, il prossimo ottobre il BIFF potrebbe addirittura non avere luogo o essere solamente un fantasma della grande kermesse che è stata in questi due decenni.

Ma andiamo con ordine e vediamo che cosa è successo. Tutto comincia nell’edizione del 2014 quando il sindaco, che era anche presidente della manifestazione, assieme al consiglio di amministrazione della città di Busan, chiede che il documentario The Truth Shall Not Sink With Sewol sia escluso dalla line-up in quanto il film racconta, con occhio critico verso il governo e le sue responsabilità, il disastro del naufragio del traghetto Sewol, tragedia accaduta nell’aprile dello stesso anno in cui persero la vita 295 persone. Il direttore del festival Lee Yongkwan ed i suoi collaboratori ovviamente non ne vogliono sapere di interferenze politiche sulle scelte artistiche del festival, anche perché dopo tutto si tratta di un film su più di 300 presentati in quell’edizione, una goccia in un oceano. Questo rifiuto causa l’ira del sindaco che chiede le dimissioni di Lee e minaccia tagli ai fondi che permettono al festival di operare ogni anno, fondi che in tutti questi anni hanno permesso fra le altre cose anche di realizzare infrastrutture per la città e renderla una delle mete favorite del paese, senza contare il significato del festival per il contesto culturale ed artistico della zona.

L’anno successivo il festival si fa ma con pesanti tagli da parte dell’amministrazione della città, non contento il sindaco Suh Byung-soo torna all’attacco e chiede che nel febbraio di quest’anno il contratto di Lee come direttore non sia rinnovato, intanto «stranamente» cominciano delle indagini su sospette e ipotetiche frodi, su come cioè i fondi elargiti al festival siano stati amministrati dal team di Lee. Lo scorso febbraio il contratto del direttore non viene rinnovato e si giunge così alla situazione attuale in cui gran parte degli addetti ai lavori, cineasti del calibro di Park Chan Wook e studiosi come Tony Rayns, ma anche molti dei festival internazionali più importanti, esiste una petizione fra i cui firmatari compare anche Alberto Barbera, hanno espresso la loro solidarietà nei confronti di Lee e del BIFF.

Se le cose resteranno così, se cioè Lee non verrà reintegrato nella sua posizione, si preannuncia un boicottaggio in grande stile, moltissimi autori ed attori di fama hanno già dichiarato che non si presenteranno alla prossima edizione del festival, di fatto cancellandola dal calendario festivaliero internazionale. Come giustamente scritto in due lettere aperte da Tony Rayns, si tratta di un atteggiamento che se all’inizio poteva avere anche delle forti motivazioni politiche, la giunta comunale è di centro destra mentre l’ex-direttore e di vedute progressiste, è con l’andar dei mesi diventata una sorta di ripicca personale nei confronti di Lee. Sempre secondo le parole dello scrittore britannico «non ci saranno vincitori se trionferà la volontà ottusa del sindaco Suh Byung-soo (…) il festival sarà morto, speranzoso di rivivere in futuro sotto un sindaco più razionale e sensibile. Gli alberghi e i negozi di Busan perderanno una grossa quantità di entrate ed i coreani perderanno un importantissimo elemento della loro cultura. (…) Non ci saranno vincitori».