Sullo scorso numero di Alias, Luca Crescenzi dà alla Mondadori «il merito storico di aver per prima raccolto in un volume dei Meridiani esemplarmente curato da Giuseppe Bevilacqua tutta la produzione lirica». In realtà suo merito maggiore è aver pubblicato il primo testo in italiano di Celan nel 1976: «Poesie», a cura di Moshe Kahn. Nel mio imminente «Celan in Italia 1956-76» (Prospero, 2020) si vedrà perché Celan bocciò la candidatura di Bevilacqua, previa lettura delle prove di traduzione.

Crescenzi si meraviglia che a tradurre così male i «Microliti» (Mondadori, 2020) sia un «traduttore sperimentato e reso consapevole dal lavoro compiuto sull’ultima raccolta celaniana, “Oscurato”, tradotta per Einaudi nel 2010». I Microliti uscirono tali e quali (in prima traduzione mondiale come “Oscurato”) per Zandonai nel… 2010: Dario Jekyll e Borso Hyde?

Il (re)censore porta «solo qualche esempio illustrativo», è da supporre tra i, se non i, peggiori. Il primo, sulla storiella di uno scoiattolo, è deboluccio come capo d’accusa, se mi obietta solo: «Non sarebbe stato più semplice e rispondente allo stilema fiabesco» tradurre come propone lui? Gli è che si tratta di un’antifiaba, con le conseguenze del caso.

Il secondo è la sequenza betrunken, betaut, behimmelstaut, behimmelt, costruita sui terminali betrunken/ubriaco e behimmelt, un sinonimo con l’accezione ulteriore di benebelt/annebbiato (basta controllare sul dizionario dei Grimm). Ciò spiega la sequenza liquido-gassosa bibita/nebbia, dove il passaggio di stato è dato dal fenomeno della rugiada/Tau, e dunque gli anelli intermedi risultano taut/irrorato e behimmeltaut/nebulirrorato. Per i primi due termini della sequenza ho adottato l’espressione «ubriaco fradicio» perché rinvia a stato liquido da agenti naturali (pioggia ma anche rugiada), ovviamente senza virgola (Crescenzi non si capacita della «omissione inspiegabile della prima virgola, che stravolge il senso dell’insieme» quando invece lo consente); per i secondi due ho tenuto costante la radice Himmel/cielo traducendo «irrorato dal cielo, evaporato in cielo».

Infine due «arbitrii grammaticali»: «Che bello!», formula che l’Accademia della Crusca ammette in contesto colloquiale, parlato o scritto che sia (qui essa compare in un colloquio avviato dall’esortativo «Ascolta»); «Te stesso» in posizione di soggetto, anche qui in contesto colloquiale a due ma con per argomento un terzo: «lui e te» o «egli e tu»? La parola a https://accademiadellacrusca.it/it/consulenza/egli-e-lui-soggetto/320.

Dario Borso