Si stringe e arrivano tutti, nel Palazzo torna anche Berlusconi dopo un anno di lontananza e malanni. Lo accompagna una calca di giornalisti e operatori tv, fuori e dentro la camera dei deputati. Le parlamentari e i parlamentari di Forza Italia organizzano una piccola festa di accoglienza, «Bravo presidente», «bentornato». Le stanze al primo piano di Montecitorio si addensano oltre i limiti di sicurezza, un corteo sospinge il Cavaliere fino alla porta di Mario Draghi, un telefonino riprende, un giornalista di Mediaset diffonde. Quelle di Berlusconi che saluta Draghi, che si alza ad accoglierlo, sono le uniche immagini rubate dall’interno delle stanze dove da sei giorni vanno avanti le consultazioni.

Si stringe, ma soprattutto si tira il presidente incaricato, ognuno dalla parte sua. Dai colloqui escono tutti soddisfatti, tutti dichiarano di non aver parlato di ministri e assetto del governo perché hanno «fiducia nel professor Draghi» e comunque Draghi non ne parla. Quello che fa è srotolare ancora il suo programma, ognuno ci vede quello che vuole. Certo, Salvini è il più bravo a fare le capriole ed eccolo a spiegare che la flat tax – che è confermato, non ci sarà, perché la riforma del fisco sarebbe ispirata alla progressività – non era poi così irrinunciabile: «A me interessa che il professore abbia detto che non aumenterà le tasse». Poteva mai dire il contrario? Non solo, sostiene Salvini che Draghi ha concesso un tavolo – come farebbe il più consumato dei politici, altro che tecnico – per studiare una possibile riduzione delle tasse. Intanto il presidente incaricato ha detto ad altri che abbasserà quelle sul lavoro. Zingaretti giura che Draghi ha detto anche no a ogni forma di condono, Salvini dice che invece lui gli ha parlato di pace fiscale. Il leghista poi si collega su Zoom con i parlamentari europei della Lega e li convince a votare a favore del regolamento sul Recovery fund: la motivazione è in fondo trasparente: «Una cosa era il governo Conte, un’altra è essere protagonisti della gestione dei fondi del Recovery». La svolta sta tutta qui: l’importante è partecipare. A sera, l’europarlamentare in telelavoro Berlusconi posta una foto di lui che senza tante capriole conferma il si al Recovery dalla villa sull’Appia. Sul tavolo ha una grossa lente di ingrandimento da filatelico ma più grande ancora è il simbolo del Ppe.

Alla camera, Crimi, quando tocca a lui, dice che Draghi gli ha fatto capire che il Recovery plan di Conte non sarà stravolto. Beppe Grillo lo manda di nuovo da solo davanti ai giornalisti, dice che va a girare un video per il blog, e lui Crimi resta l’unico a non rispondere alle domande. Persino Zingaretti ha ceduto. In realtà neanche Berlusconi va oltre la rapida lettura di un appunto, ma in quel caso, mentre pasticcia con la mascherina, sono i giornalisti a non avere il cuore di farlo parlare. Il Cavaliere affanna un po’. Crimi dice due cose, contraddittorie: Draghi non ha fatto il minimo accenno al Mes ma ha anche detto che il Mes si può chiedere solo se c’è un piano per usare i fondi e se conviene (e ora no). Ai 5 Stelle, comunque, va bene così. Dice anche una terza cosa, che la lunga tirata ambientalista di Grillo di sabato scorso ha fatto breccia e Draghi si è andato a studiare il super ministero francese che coordina in chiave green trasporti, infrastrutture e ambiente. Ci sta pensando. Salvini, invece, ha parlato con «le aziende» e in uno stesso ministero vedrebbe bene turismo, moda e mobili, nel senso del design. Comunque si è capito che Draghi vuole partire dai vaccini e allora Salvini propone il modello Bertolaso e Berlusconi Bertolaso in persona.
Grillo, non annunciato, evita di incontrare il Cavaliere «psico nano» che se ne va in un tumulto di selfie, dribbla Salvini grazie a un gioco di porte, incrocia solo Zingaretti. Quando arriva il suo turno si inchioda alla sedia alla sinistra di Draghi e non se ne va prima di ottanta minuti, ne erano previsti trenta. Il linguaggio dei tempi: i due partiti che sforano dalla tabella del presidente incaricato sono quelli più in difficoltà, i grillini e Fratelli d’Italia con Meloni che resiste a non voler votare la fiducia ma nelle spiegazioni vira sempre più sull’opposizione «responsabile».

Dagli incontri nessun partito esce potendo dire di aver capito qualcosa sulla compagine di governo. Tecnici? Politici? Quali? Draghi lo comunicherà alla fine. Oggi vede le parti sociali ma anche banche, assicurazioni, artigiani, ambientalisti e tanti altri con un programma che era pensato en attendant Rousseau e volendo sciogliere la riserva venerdì. Ma Rousseau, magari, slitta.