Solo un vagito. Altrimenti, 10 mila in piedi e in silenzio. L’Arena così fa impressione. Tutti zitti che guardano il palco con dietro il gigantesco NoF35 formato tricolore. Sono gli stessi che si sono messi ordinatamente in fila. E che ora applaudono convinti «Mao» Valpiana del Movimento Nonviolento. Dopo il minuto di omaggio alle vittime di ogni guerra, annuncia la proposta politica che suona come sfida ai partiti: «Dal 2 giugno, festa della Repubblica, al 2 ottobre, compleanno di Ghandi, raccoglieremo le firme per la vera difesa della patria che siamo tutti noi. Una legge che istituisca e finanzi il Dipartimento della difesa civile. Avrà tre pilastri: il servizio civile per tutti i giovani, i corpi civili di pace e la protezione civile».

A distanza di 11 anni, l’Arena di Verona risuona come sinonimo di pace, disarmo, resistenza, liberazione. Il «popolo arcobaleno» celebra a modo suo il 25 aprile anche se fuori arrivano gli alpini in divisa e il sindaco Flavio Tosi imbandiera il municipio. Di nuovo piccoli gruppi, famiglie, frati e scout, tute blu della Fiom e studenti riempiono miracolosamente il tempio della lirica pronti ad ascoltare l’assolo dei profeti, il coro degli utopisti, l’orchestra dei disobbedienti alle leggi del branco. Quattro ore di meeting controcorrente con il maxi-schermo che ricorda chi non c’è più (Alex Langer e Tonino Bello, don Gallo e Tom Benetollo fino a Vittorio Arrigoni) e il microfono aperto alle testimonianze «resistenti».

Sotto il sole, sui gradoni in ascolto c’è anche monsignor Luigi Bettazzi con i suoi 93 anni conciliari quanto vispi: si guadagnerà un’ovazione finale sul palco. Cantano e ballano i ragazzi del servizio civile, mentre gli aeroplanini di carta ammoniscono sull’equivalenza fra un F35 e venti treni di trasporto pubblico. «C’ero la prima volta e lo spirito resta lo stesso…» confessa il frate francescano avvolto nella bandiera pacifista. Come lui, si rivede Gianni Tamino che all’Europarlamento amplificava le intuizioni del movimento «rossoverde» veneto. E confusi fra la folla David Riondino o Deborah Kooperman e tutti i musicisti del «concertone» finale. Si è ritirato nei camerini don Luigi Ciotti a limare un intervento appassionato in cui confessa che Vangelo e Costituzione sono i suoi riferimenti. E Gad Lerner lo imita: «Sindaco, portiamo cibo ai poveri della città» in aperto contrasto con le ordinanze leghiste (ma altrove anche… democratiche) nei confronti degli indigenti. Don Albino Bizzotto fa un passo avanti in nome della madre terra, invocando la fine delle Grandi Opere che soprattutto a Nord Est strangolano con cemento e asfalto la natura e la popolazione.

Ma l’Arena è soprattutto un’enorme bandiera arcobaleno come ai tempi di Comiso o Genova. Riassume bene l’ostinazione di voler spezzare ogni arma. È quella di Alberto Trevisan, storico pioniere dell’obiezione di coscienza che diventerà socio onorario del Servizio civile. O di Maurizio Simoncelli dell’Archivio disarmo quando scandisce: «L’Europa conta 1,5 milioni di uomini armati e spende tre volte la Russia, ma non scalfisce la crisi in Ucraina. E l’Italia contabilizza 20 miliardi della Difesa, altri 2 e mezzo nel bilancio dello sviluppo più un altro destinato alle missioni di peacekeeping. In termini di Pil ben più della Germania…». E ritorna alla memoria il partigiano Pertini su arsenali e granai. Cartavetrata per l’attuale inquilino del Colle. Tanto più che Arena 2014 non fa sconti al governo: al ministro Giuliano Poletti si ricorda come il volontariato dei ragazzi (alternativo alla divisa da professionisti) non può mascherare ancora lavoro precario; dalla ministra Roberta Pinotti qui ci si attende un «libro bianco» non la riedizione dello Stato nello Stato; dal premier Renzi almeno un tweet che annunci il servizio civile obbligatorio.

Verona è ormai la capitale dell’arcobaleno pacifista, merito dei comboniani di Alex Zanotelli che ormai fanno breccia nell’homepage di Famiglia Cristiana grazie al centinaio di comitati locali, 30 reti sociali, 10 fondazioni, 40 riviste e 8 centri studi. Un piccolo grande «esercito» votato all’impegno fianco a fianco con un altro «popolo» che non smette di sognare un mondo diverso dai war games o dagli «eletti» di Goldman Sachs. È giusto quello che offre Alice Mabota, la fondatrice della Lega per i diritti umani che in autunno da «umile cittadina» vuole addirittura candidarsi a presidente del Mozambico. All’Arena di nuovo ammutolita spiega le ottime ragioni di donna africana che sa di poter contare sulla gente che ha di fronte.

A questo punto, può cominciare il «concertone» formato 25 aprile arcobaleno. Musica e spettacolo che servono anche ad aggiornare l’agenda, perché all’inizio di giugno c’è Sarajevo non solo un secolo dopo la prima guerra mondiale e dopo l’estate la marcia Perugia-Assisi (purché nel solco originale di Capitini…). Per la festa della Repubblica, invece, saranno già pronti i moduli della raccolta firme. Matteo stai sereno: Arena 2014 fa sul serio.