Alla prima vera prova, quando bisogna far pesare i numeri, si dimostra inefficace il sistema di autoriduzione delle presenze, il rimedio immaginato alla camera dei deputati (e al senato) per garantire il distanziamento sociale nel palazzo e contenere il rischio di contagio. Perché sul suo ordine del giorno che avrebbe impegnato il governo a rifiutare il Mes sempre e comunque, Fratelli d’Italia sperava di mettere nei guai la maggioranza. E dunque ha rifiutato l’«accordo tra gentiluomini» che nelle sedute precedenti era valso a dimezzare le presenze e di conseguenza i contatti pericolosi in aula. I deputati e le deputate del partito di Meloni si sono presentati a Montecitorio in mascherina tricolore e solo due assenti, occupando così tutti i posti sui banchi all’estrema destra. Gomito a gomito. Fiutata l’aria, anche perché non si poteva star sicuri della tenuta del gruppo 5 Stelle (previsione azzeccata), la maggioranza ha alzato le sue presenze: i quattro gruppi che sostengono il governo hanno schierato (in media) il 70% dei deputati. I banchi semivuoti di Forza Italia e Lega hanno un po’ compensato, ma alla fine molti si sono dovuti sedere assai più vicini del lecito. Anche perché, rifiutato per principio il voto a distanza, neanche il voto dalle tribune o da un’altra sala del palazzo era stato predisposto. Dovrebbe esserlo la prossima settimana.

L’ordine del giorno del partito di Meloni – collegato al decreto Cura Italia che ieri è stato definitivamente convertito in legge e immediatamente promulgato da Mattarella – è stato alla fine respinto con 216 voti contrari e 119 favorevoli. Il che significa che se anche gli altri partiti del centrodestra fossero stati presenti sarebbe stato approvato. Ma Forza Italia ha una posizione più complicata sul punto. La capogruppo Gelimini ha detto che il partito si è astenuto sull’ordine del giorno anti Mes. Dai tabulati risulta che hanno votato 20 deputati berlusconiani (su 97), votando peraltro a favore. L’ordine del giorno a prima firma Meloni ha raccolto anche otto voti dai deputati della maggioranza: Stefano Fassina di Leu e sette rappresentanti dei 5 Stelle. Subito messi all’indice dal capo politico (prorogato) Crimi: «Non sarà più tollerato». Proprio ieri altri due deputati (una deputata, Fabiola Bologna, e un deputato, Antonio Zennaro) hanno lasciato il gruppo grillino traslocando al misto.

Le nuove regole di Montecitorio preparate dai deputati questori, in vigore da ieri per la prima volta, prevedono obbligo di mascherina in tutto il Palazzo (un obbligo, in questo caso, accompagnato dalla consegna gratuita all’ingresso per chi non ce l’ha) e possibilità di intervenire in aula senza mascherina solo spostandosi ai primi banchi. Ma durante la seduta più volte il presidente ha dovuto richiamare alcuni riottosi a coprirsi naso e bocca, mentre in alcune fasi più vivaci – per esempio il coro «venduti, venduti» che si è alzato dai banchi di Fratelli d’Italia verso i 5 Stelle – si sono formati piccoli capannelli nell’emiciclo. Ha invece i contorni della leggenda la presenza in aula di un deputato, leghista, che avrebbe fatto registrare all’ingresso una temperatura più alta del consentito. In ogni caso nessuno può impedire a un rappresentante del popolo di andare a sedersi al suo posto, siamo sempre nel campo degli impegni volontari. «La giornata ha evidenziato numerose superficialità e leggerezze», si è lamentato alla fine il questore Gregorio Fontana, chiedendo sanzioni contro gli indisciplinati. «Abbiamo avuto la prova che non si può far funzionare il parlamento regolarmente garantendo la distanza di sicurezza», ha detto invece il deputato di +Europa Magi. «Tenere le regole formalmente intatte per aggirarle con accordi più o meno sensati non sta in piedi», ha aggiunto Ceccanti del Pd.