Più di duecentomila persone sono tornate a una fase di elevate restrizioni nella provincia di Lleida, in Catalogna. Il governo catalano ieri ha preso la decisione di chiudere la comarca del Segrià, che comprende 38 comuni della provincia di Lleida distribuiti su 1400 km quadrati, incluso lo stesso capoluogo di provincia. La misura è già in vigore da ieri all’ora di pranzo. La drastica decisione è stata presa dall’esecutivo catalano dopo che sono stati registrati in una settimana più di 350 infetti in almeno 8 focolai di Coronavirus. 23 persone sono ricoverate e sei di loro sono in unità intensive. Un ospedale di campagna è stato predisposto venerdì accanto all’ospedale principale del capoluogo catalano in previsione di un possibile peggioramento della situazione.

Il governo catalano, così come ogni altro esecutivo regionale, ha riacquisito il controllo della situazione sanitaria dal 20 giugno scorso, quando è decaduto lo stato d’allarme decretato dal governo Sánchez a marzo.

Il president catalano Quim Torra ha deciso di limitare l’ingresso e l’uscita delle persone dalla comarca colpita, salvo i lavoratori e prestatori di servizio, e i casi debitamente giustificati. Sono anche vietati gli assembramenti e le riunioni di più di dieci persone. Vietate le visite alle residenze sanitarie per gli anziani, chiusi i centri diurni. Possono continuare le attività economiche commerciali ma rispettando scrupolosamente le misure di sicurezza (distanza, lavaggio delle mani e mascherine). L’isolamento durerà almeno 15 giorni, secondo il ministro degli interni catalano Miquel Buch, ma la decisione definitiva sulla durata della misura di confinamento dipenderà dall’andamento epidemiologico. Buch schiererà 200 agenti per controllare gli accessi alla zona confinata.

Secondo l’esecutivo catalano, per il momento in Catalogna non ci sono altri focolai gravi.

La ministra della sanità catalana, Alba Vergés, del partito di Esquerra Republicana, ha chiesto ai segrianencs di «ridurre il numero di persone con cui ci incontriamo normalmente, così come le attività che facciamo». Per quanto abbia garantito di non voler isolare le persone in casa come durante il lockdown (i bambini potranno per esempio uscire a giocare), ha chiesto alla popolazione vulnerabile di uscire «solo per le questioni imprescindibili». E ha aggiunto: anche se è legale, «evitiamo di incontrare dieci persone oggi, altre cinque domani, e dieci diverse stanotte».

La maggior parte dei nuovi casi sono legati al mondo agroalimentare: quattro dei focolai sono in imprese frutticole, una in una impresa agroalimentare, una in un ospizio, una in un condominio e una in un ostello per senzatetto, che ha registrato 21 casi. «Questi focolai hanno un forte componente sociale», ha ammesso Vergés. Molti sono legati a lavoratori temporanei per la raccolta della frutta, spesso in situazione precaria. Anche nella zona confinante, nella comunità autonoma aragonese, a ovest della Catalogna, aveva visto crescere i contagi nei giorni scorsi in un contesto agroalimentare.

Il caso lleidetano è per ora il peggiore in tutta la Spagna. La situazione nel Paese è complessivamente sotto controllo in questo momento: nonostante si siano registrati numerosi focolai, per ora, eccetto nel caso della provincia catalana, non si è osservata trasmissione generalizzata. Negli ultimi giorni si sono registrati tra i 100 e i 150 casi di nuovi infetti al giorno (identificati con test Pcr) per un totale di casi confermati (attraverso i test) di circa 250mila persone, con circa 28mila decessi (sempre considerando quelli ufficialmente identificati come Covid-19).