Il fatidico giorno è arrivato. Oggi, finalmente, sei milioni di catalani avranno la possibilità di mettere in un’urna una scheda in cui potranno dire se vogliono che la Catalogna sia uno stato e se, in caso positivo, questo stato debba essere indipendente.

Certo, non è il referendum promesso un anno fa dal presidente del govern catalano Artur Mas, dal suo partito, la coalizione democristiana CiU, e da altri tre partiti che si erano impegnati ad appoggiarlo su questo punto: Esquerra Republicana, i rosso verdi di Icv e il partito movimentista anticapitalista, la Cup. Il parlamento di Madrid infatti si è rifiutato di chiedere al governo centrale, l’unico con il potere di indire un referendum secondo la costituzione spagnola, di delegare questo potere alla Generalitat catalana. Non è neppure la consulta non vincolante prevista da una apposita legge sulla partecipazione cittadina approvata in settembre dal Parlament di Barcellona a stragrande maggioranza, impugnata davanti al Tribunale Costituzionale dal governo di Mariano Rajoy. E non è neanche la “consultina” che il governo di Mas ha cercato di portare avanti nonostante il divieto del Tribunale Costituzionale (che deve ancora esprimersi sul merito del ricorso), facendo leva su volontari e senza nessun atto amministrativo, nessuna lista di elettori e nessun edificio statale adibito a locale elettorale. Anche questa consultina è stata bloccata da un secondo ricorso del governo centrale.

Che cosa potranno votare oggi i residenti in Catalogna con più di 16 anni? Non è del tutto chiaro. Quello che si sa è che ci sono 40mila volontari che garantiranno la formazione dei seggi elettorali in quasi tutta la Catalogna in locali messi a disposizione dai comuni (il 96%) che appoggiano “il diritto a decidere” dei catalani. Il governo catalano aveva già preparato urne e schede elettorali (che in Spagna sono semplici fogli di carta prestampati). In questo caso, queste ultime comprendono le due domande con lo spazio per marcare Sì o No. Esiste una pagina web che indica dove ciascuno deve recarsi a votare – dato che i seggi non sono i soliti – ma ufficialmente non esiste una lista degli elettori aventi diritto per non infrangere il divieto del Tribunale Costituzionale.

Quella di oggi è insomma poco più di una manifestazione politica. La chiave starà nella partecipazione, ed è chiaro che chi lo farà marcherà entrambe le caselle: Sì-Sì. Quelli del Sì (allo stato) ma No (all’indipendenza) probabilmente non si prenderanno il disturbo di mettere la scheda in urne informali, per non parlare di quelli (che secondo i sondaggi sarebbero sul 20-30%) che risponderebbero No anche alla prima domanda. Ci si aspetta un 30% di partecipazione, che non è poco, ma non servirà per cambiare le cose: l’indipendentismo viaggia da sempre su quelle cifre.

Un merito i promotori del processo che ha portato a questo punto ce l’hanno: per la prima volta tutti si stanno posizionando, e anche molti stranieri parteciperanno a questo processo. Anche nella sinistra, che condivide, con alcune differenze, il “diritto a decidere” e ha votato a favore della legge sulle consulte, uscire dalla polarizzazione è difficile. Se la Cup è a favore dell’indipendenza per costruire uno stato anticapitalista, e i socialisti catalani sono per la maggior parte a favore dell’unità, i rosso verdi di Icv mostrano più sfumature: il deputato europeo Ernest Urtasun voterà Si-No, mentre la co-segretaria Dolors Camat voterà Sì-Sì. Invece Podemos, che non ha ancora una rappresentazione parlamentare (ma viene data intorno al 20%) ha iniziato a costruire un discorso diverso: Sì alla possibilità di votare, ma non interessa cosa si voterà, dato che i problemi sociali ed economici sono più pressanti.

Il governo di Madrid non molla la presa. Ieri il Fiscal del Estado (il procuratore generale, organo del ministero di giustizia) ventilava la possibilità che aprire i seggi possa essere un delitto (il che implicherebbe una guardia civil e mossos – la polizia autonomica – mandati a chiudere i seggi). Il govern di Mas intanto ha fatto un passo indietro. Mantiene la “responsabilità” politica del processo, ma nei fatti sarà il Pacte per decidir, organismo che riunisce molte associazioni indipendentiste, oltre ad alcuni partiti, a organizzarlo.

Le aspettative sono molto alte. Dal giorno in cui il Tribunale Costituzionale ha proibito anche la versione decaffeinata della consulta, ogni sera alle 22 le strade di Barcellona si fanno assordanti per la protesta al suono di pentole e coperchi dai balconi. Le strade sono piene di bandiere catalane, cartelli e inviti a votare. Raggiunto l’obiettivo, impensabile fino a un paio d’anni fa, di poter votare “qualcosa”, sarà lunedì il giorno in cui si capirà cosa succede. Mas ha detto che manderà una lettera a Rajoy. Ma anche la poltrona del president è in bilico: se sarà costretto alle elezioni anticipate, il partito che potrebbe vincere, Esquerra, parla di dichiarazione unilaterale di indipendenza.