«Jeu me ’ntisu la matina, già vau straccu te la sira/dodici ure di fatìa, quattru sordi e na ciurnata/ Pimidori e sanginischi, alla Masseria Boncuri/ lu padrone sta allu friscu, capurale statte accorto (io mi alzo la mattina, sono già stanco della sera/dodici ore di lavoro, quattro soldi e una giornata/ Pomodori e angurie, alla Masseria Boncuri/Il padrone sta al fresco: caporale stai attento!)». Sotto il sole torrido del Salento, legioni di braccianti – in gran parte stranieri – lavorano tutta la giornata nelle campagne per la raccolta di pomodori, cocomeri e patate. Pagati a cottimo, questi giornalieri agricoli sono di fatto invisibili per le istituzioni, lavorando in nero sotto il ricatto del caporalato. Ogni estate i giovani schiavi del terzo millennio soffrono per il caldo, per la fatica, per le condizioni ambientali terribili.

Qualcuno non ce la fa come Camara Fantamadi, 27 anni, originario del Mali, morto a Brindisi a fine giugno o come Paola Clemente, la bracciante tarantina uccisa dal caldo e dal duro lavoro in un vigneto ad Andria, nel 2015. L’elenco è lungo.

DA QUALCHE SETTIMANA circola il singolo Masseria Boncuri, di Antonio Castrignanò, per anni voce e tamburo della Notte della Taranta, prima di intraprendere una brillante carriera solista con la composizione della colonna sonora di Nuovomondo (2006) il film di Emanuele Crialese e tre album a suo nome Mara la Fatìa (2010), Fomenta (2014), Aria Caddhipulina (2018).

Il brano accattivante, una dolce ballata con la memoria della pizzica e la partecipazione del «santone» Enzo Avitabile, anticipa l’uscita del nuovo album, Babilonia, prevista per fine settembre su etichetta Ponderosa Music.
Funziona benissimo anche il video onirico, girato da Gianni De Blasi in una cava abbandonata. Un luogo di lavoro indefinito nelle viscere della terra, senza riferimenti geografici o temporali, faticoso, polveroso e asfissiante. I protagonisti, due uomini, sono legati da un cavo con due cappi, lottando duramente per la sopravvivenza, «tirando la corda» nella propria direzione a ogni costo, anche se vorrà dire strangolarsi entrambi.

«LA SUGGESTIONE del brano è un episodio realmente accaduto che volontariamente non racconto. Diventa però un pretesto per parlare in prima persona come se fossi un qualsiasi lavoratore che vive quella condizione emotiva e sociale. Molti uomini e donne salentini, a me molto vicini, hanno lavorato per anni, decenni e secoli negli stessi campi e nelle stesse condizioni in cui ancora oggi lavorano tante povere anime – il commento di Antonio Castrignanò – con un groove che attinge alle sonorità del Mediterraneo, tra percussioni e strumenti a corda, che Enzo Avitabile ha impreziosito con la sua poetica e la sua potenza a fiato, ho cercato di raccontare la rabbia, ma anche la forza. L’inerzia quotidiana, l’umiliazione, il ritmo ripetitivo e pesante del lavoro ma anche la voglia di cambiare. Cambiare è possibile, anzi necessario, usando nuove armonie e rallentando il ritmo. Ho immaginato una musica che potesse intrecciare volti ed esperienze del presente e del passato, raccontare quello che ancora oggi accade nei campi salentini e pugliesi, del mondo intero».

Dieci anni fa, la mattina del 28 luglio, ci fu una rivolta nella zona di Nardò, in provincia di Lecce, alla Masseria Boncuri, il luogo di ricovero degli immigrati africani, una struttura abbandonata e fatiscente. Gli stagionali proclamarono uno sciopero chiedendo il rispetto dei loro diritti – dalla sicurezza delle paghe agli alloggi migliori – e per una settimana si rifiutarono di andare nei campi a raccogliere l’oro rosso. Uno di loro, lo studente camerunense Yvan Sagnet, è diventato col tempo il loro rappresentante, un sindacalista Cgil a tempo pieno.

Ancora oggi le condizioni di lavoro sono massacranti. Anche la Masseria Boncuri è cambiata, profondamente ristrutturata coi fondi pubblici, gestita dalla Caritas e dalla Croce Rossa che assistono centinaia di lavoratori stranieri per tutta la stagione. Un avamposto di solidarietà attorniata da una decina di tende dove trovano riparo e riposo questo popolo di sfruttati che riempiono le nostre tavole guadagnando pochi euro l’ora.

La Regione Puglia ha proibito il lavoro nei campi nelle ore più calde, con un’ordinanza. «Noi non ci siamo mai fermati – dice Nabil, un bracciante di 32 anni originario del Marocco e residente in Campania, intervistato da Avvenire – Si mangia e si beve mentre si lavora. Il panino e l’acqua ce li portiamo noi. Mi danno sei euro all’ora, ma non so quante ore realmente mi pagheranno. Mi sveglio alle 4 e anche oggi ho raccolto angurie tutto il giorno. Ho lavorato dalle 5.30 di questa mattina fino alle 6 del pomeriggio, ma certi giorni finiamo anche alle 9 di sera».

PRESO IN MEZZO tra la forza delle radici e il fascino delle sonorità contemporanee, il musicista di Galatina ha raggiunto una maturità invidiabile, collaborando anche con Stewart Copeland e Goran Bregovic, portando la musica popolare salentina in giro per il mondo: è stato invitato di nuovo a esibirsi in uno showcase al Womex, il festival di musiche mondiali, che si terrà a fine ottobre in Portogallo. In questi giorni Castrignanò, uno degli esempi fulgidi di questa leva di musicisti quarantenni, è ospite fisso del festival Les Ballets de Monte-Carlo con un suo spettacolo, Core Meu, che si avvale delle coreografie della compagnia diretta da Jean-Christophe Maillot e delle sue musiche originali. Si è esibito il 22, 23 e 24 luglio alla Salle des Princes Grimaldi.

Il cuore di Castrignanò batte per dare voce alla sofferenza, per recuperare la dignità degli esseri umani, di queste persone che ci passano accanto quotidianamente, come relitti di un mondo spietato e immutabile.