Al campo di concentramento fascista di Casoli, una cittadina abruzzese in provincia di Chieti, gli internati passavano le loro giornate «in pieno ozio» condividendo spazi ristretti «dove regnava la promiscuità e la mancanza di riservatezza, con la possibilità di uscire in fasce orarie prestabilite, nello spazio circoscritto del perimetro del campo», controllato a vista dai carabinieri. Vi soggiornarono tra il luglio del 1940 e il maggio del 1942 gli «ebrei stranieri», tra il maggio 1942 e il febbraio 1944 gli «internati politici ex jugoslavi». Quando entravano dovevano consegnare il passaporto, il denaro, oggetti di valore e non potevano disporre di...
Alias
Casoli, luogo della memoria
Il libro. «L'ozio coatto», Giuseppe Lorentini racconta il campo di concentramento fascista