Sono uscite le motivazioni della sentenza che ha mandato assolti per legittima difesa, dopo 10 mesi di carcere, un sudanese e un ghanese che erano scesi dalla Diciotti a luglio a Trapani. Il testo del giudice Piero Grillo si allarga a un esame di tutto il contesto, e va a completare il quadro costituito dalle altre sentenze siciliane – quelle sulle ong – e dalla richiesta di rinvio a giudizio di Salvini.

Anche senza ulteriori pronunciamenti europei, sembra ormai evidente che il principio della necessità del porto sicuro – e il fatto che la Libia non lo sia – siano ben solidi per la magistratura italiana. Non ci si aspettava un testo di ben 70 pagine, con molti riferimenti e con le analisi della Unhcr, appositamente richieste per deliberare in questo caso. Per la sentenza del tribunale di Trapani, il comandante del rimorchiatore Vos Thalassa non avrebbe dovuto e potuto obbedire alla indicazione della Guardia costiera libica di riportarle i migranti salvati da naufragio. Ma era stata la stessa autorità italiana a dire di prestare ascolto ai libici.

Il giudice Grillo prende il toro per le corna. «Il potere della autorità libiche di impartire a quelle italiane direttive in vista del rimpatrio in Libia di migranti provenienti da tale Paese…deriva dall’accordo stipulato tra Italia e Libia nel 2017». Ma questo memorandum – spiega attraverso vari passaggi – è una intesa «giuridicamente non vincolante e non avente natura legislativa». Non è neanche stato mai ratificato dal Parlamento. Inoltre la Libia è assolutamente inadempiente per quanto riguarda le condizioni dei campi «di accoglienza temporanei» o di detenzione, in termini di diritti umani. È un colpo alle basi giuridiche, se mai ci sono state, della politica di Minniti fatta propria dal governo Gentiloni.

Sicuramente la sentenza equipara le eventuali riconsegne di migranti alla Guardia costiera libica ad un «respingimento collettivo», vietato dalle convenzioni internazionali. Forse mette in discussione persino gli aiuti diretti alla Guardia costiera libica. Riporta poi ampiamente la relazione della Unhcr, dandole la dignità di fonte legislativa. «Se si riflette un momento sul fatto che i 67 migranti imbarcati dalla Vos Thalassa avevano subìto, prima della partenza dal territorio libico, le disumane condizioni rappresentate dalla Unhcr, appare evidente come il ritorno in quei territori costituisse per loro una lesione gravissima di tutte le prospettive dei fondamentali diritti dell’uomo. Emerge inconfutabilmente che tutti i soggetti imbarcati sulla Vos Thalassa (..) stavano vedendo violato il loro diritto ad essere condotti in un luogo sicuro (…) Ciò non significa che la condotta del comandante fosse delittuosa atteso che egli stava conformandosi – nella convinzione di eseguire un ordine formalmente dato – ad un ordine proveniente dalla competente zona Sar».

Per quanto riguarda la ribellione a bordo della Vos Thalassa, quando i migranti si sono accorti che aveva virato verso la Libia, il giudice, forse un po’ sorprendentemente, dice che «è indiscutibile che le azioni delittuose indicate nei capi di imputazione siano state poste in essere dagli imputati. È altrettanto chiaro che tali azioni siano state poste in essere al fine di evitare di essere riportati in Libia».

Da qui parte un ampio ragionamento in base al quale probabilmente gli imputati sarebbero stati assolti anche se avessero sparato, perché stavano difendendo i propri diritti fondamentali alla vita e alla integrità. L’uscita di Ahmid e Tijani dal carcere è passata del tutto inosservata, ma la Corte europea esaminerà la loro richiesta di risarcimento nei confronti dei ministri Salvini e Toninelli che li avevano ritenuti colpevoli prima del processo.

Il testo integrale delle motivazioni è on line sulla rivista ” Dirittopenaleuomo. org”