«Il femminismo non si mette a bando», è uno degli slogan più incisivi pronunciati ieri mattina in piazza del Campidoglio durante la conferenza stampa organizzata dalla Casa internazionale delle Donne di Roma. Dopo mesi di silenzio da parte della sindaca Virginia Raggi, il Consorzio del Buon Pastore ha deciso infatti di domandare notizie sulla propria sorte. La richiesta è semplice: il ripristino della convenzione revocata nel luglio del 2018 a causa della «morosità delle inquiline» di via della Lungara (il debito ammontava a 833mila euro già a novembre del 2017). Maura Cossutta, presidente della Casa, ha cercato di sintetizzare la trattativa che in questi anni il Consorzio ha cercato di mantenere aperta con Virginia Raggi e la sua giunta senza però risultati, proponendo dapprima una transazione su un canone troppo alto (90mila euro annui) e poi presentando una memoria dei servizi che in questi decenni sono stati offerti alla città. Nessuna risposta, anche davanti alle migliaia di firme raccolte a sostegno di un processo politico così importante come quello portato avanti dalla Casa internazionale delle Donne di Roma.

Pochi mesi fa anche il Parlamento ha stabilito che deve essere garantito il comodato d’uso ai luoghi autogestiti dalle associazioni femminili e femministe, assegnando 900mila euro proprio al consorzio di associazioni che gestiscono il Buon Pastore mettendo così fine alla morosità pretesa dal Comune. C’è stato dunque un riconoscimento chiaro che consenta alla Casa di restare aperta e in attività. Se però la morosità non c’è più, almeno in teoria visto che in pratica al Campidoglio non intendono dire che ne pensano della possibilità di azzerare questo debito, allora il problema qual è? Probabilmente si trova nella memoria di giunta preparata dalle assessore Veronica Mammì, Valentina Vivarelli e Lorenza Fruci, all’esame nelle prossime riunioni della giunta capitolina. Il tema è la messa a bando a titolo gratuito dell’immobile della Casa internazionale, individuato come uno dei sei (non citati) del patrimonio cittadino che saranno resi disponibili alle associazioni del Terzo settore.

Il progetto sembrerebbe essere in linea con quello immaginato da Gemma Guerrini quando, da presidente della Commissione delle Elette al Comune di Roma nel maggio del 2018, aveva presentato una mozione cui aveva fatto seguito l’insistenza sulla creazione di un centro di coordinamento dei servizi, per «riallineare» il Buon Pastore senza riconoscerne né la memoria storica né il progetto politico. È questione amministrativa, fintamente neutra, di messa a bando per un luogo che con tutta evidenza si pensa disabitato. E forse Virginia Raggi la sua giunta pensano lo sia, visto che non hanno mai inteso cercare interlocuzione e che hanno un senso quasi di fastidio nell’essere sollecitate. La presenza della piazza di ieri promette però molta attenzione nelle settimane che arriveranno: da Lucha y Siesta con Michela Cicculli che ha parlato di «delegittimazione dei processi democratici», alla Cgil con Alessandra Romano, da Non Una Di Meno a Differenza Donna, dalle esponenti del Pd Cecilia D’Elia, Monica Cirinnà, Marta Bonafoni, Giulia Tempesta, alla presidente del primo municipio Sabrina Alfonsi al presidente dell’ottavo Amedeo Ciaccheri.
Infine un regalo simbolico alla sindaca Raggi: il libro scritto da Maria Paola Fiorensoli, La città della Dea Perenna. Ha un sottotitolo interessante e utile: «Donne a Roma dalla controriforma al femminismo e storia del complesso dell’ex Buon Pastore, oggi Casa internazionale delle donne».