La Casa della Pace non riapre, e la mobilitazione continua. Lo storico centro sportivo e culturale, autogestito da trent’anni nel cuore di Testaccio è sotto sequestro penale dal 3 ottobre. In questi giorni, è stato respinto il ricorso e gli avvocati hanno potuto conoscere le motivazioni, che hanno illustrato nel corso di una conferenza stampa. E già è pronto il ricorso in Cassazione. Con loro, un folto gruppo di artisti, intellettuali, gente di quartiere e di fuori, preoccupata per la coazione allo sgombero che determina le scelte capitoline (in grigia concordanza con quel che accade nella maggior parte d’Italia). Perché chiudere, con motivazioni pretestuose e ingiustificate (alto volume e uso inappropriato dei locali) uno spazio di condivisione messo a disposizione del quartiere e riconosciuto di utilità pubblica per tutti questi anni? Perché intralcia gli appetiti di chi vuole uniformare al profitto gli ultimi luoghi di resistenza culturale nel cuore di Roma?

Avremmo dovuto interpretare meglio alcuni segnali, capire meglio quanto si stava preparando nei nostri confronti”, spiegano gli attivisti del circolo, a partire da due anni fa: “da quando siamo diventati oggetto di continui tentativi di interruzione e diffamazione, fino al blitz stile antiterrorismo subito la notte del 3 ottobre, ai ritardi o alle modalità anomale nelle notifiche, e alle ulteriori denunce subite per contestare i reati penali dell’occupazione, avvenuta nell’ottobre del 1984”.

La storia della Casa della Pace comincia allora, con l’occupazione di una parte del complesso architettonico dell’Ex Mattatoio di Testaccio, lasciato all’abbandono dal 1975. Nel 2003, un segnale positivo: il Comune di Roma riconosce la funzione sociale e culturale dell’attività. Si apre la possibilità di un’assegnazione in base alla delibera per riqualificare il complesso dell’ex-Mattatoio. Sindaco e assessore competente s’impegnano, ma poi non se ne fa niente: fra le storiche realtà che agiscono nell’area, la Casa della Pace resta l’unico spazio – indipendente, autogestito e autofinanziato – ancora da regolarizzare. Fino alla svolta securitaria, che incombe anche su un altro storico centro sociale della periferia romana, il Corto Circuito. Anche per questo, la decisione che colpisce la Casa della Pace ha provocato una riflessione generale e una mobilitazione comune.

Molte le attività e i dibattiti previsti. La Casa della Pace continua a vivere, dentro e fuori Testaccio. Oggi, alla Casa del popolo di Torpignattara, cena e spettacolo mediorientale preceduto da un dibattito sugli “spazi sociali tra normalizzazione e repressione”. Il 3 dicembre all’Apollo 11 nell’ambito del Tour civico del film di Stefano Di Polito “Mirafiori Lunapark”, alle 20,30 dibattito su Impegno civico e lavoro con Maurizio Landini e Enza Biancongino, della Casa della Pace. Alle 21, proiezioni con la presenza del cast del film: Alessandro Haber, Antonio Catania, Giorgio Colangeli, Pietro Delle Piane, Mimmo Calopresti, Stefano Di Polito. Il 6 dicembre, alla Locanda Atlantide, spettacolo di musica dal vivo e danze dal mondo con i contributo artistico dei sostenitori. L’11 dicembre, serata reggae al Centro sociale Intifada. All’indirizzo

https://www.facebook.com/Artisti-Che-Sostengono-La-Casa-Della-Pace-566429516838305/?ref=hl. è visibile l’appello firmato da 40 musicisti, scrittori, registi fra i più riconosciuti nel panorama culturale italiano. La Casa della Pace – dicono – deve riaprire.