Trecento metri quadri di cemento e ferro per dare spazio alla comunità artistica romana e a chiunque scelga il teatro come modo per mettersi in contatto con sé e interpretare la realtà. Questo il progetto di Maura Teofili e Francesco Montagna quando nel 2013 presero in affitto i locali in Via Panfilo Castaldi a Roma, vicino Ponte Testaccio, e rimisero a nuovo l’ex carrozzeria. «La natura dell’officina, ovvero quella di rilavorare, di rimettere a nuovo qualcosa per poi portarlo fuori, in qualche modo è rimasta», ci racconta Teofili. «Roma è una città così policentrica e disgregante sotto tanti aspetti, l’idea era quella di creare un centro culturale a cui una pluralità di soggetti potesse appartenere, su cui convergere».

Effettivamente così è stato, in pochi anni le Carrozzerie n.o.t (l’acronimo n.o.t sta per «nostra officina teatrale») sono divenute uno snodo fondamentale grazie ai diversi ambiti di intervento e all’attenzione e alla cura che la coppia ha messo in campo, curando le attività dello spazio nella loro totalità. I laboratori di teatro per i non professionisti, le residenze artistiche, le rappresentazioni degli spettacoli e ancora la formazione per gli adolescenti hanno dato vita ad una circuitazione di energie, ad un incontro spontaneo tra artisti e individui interessati alle arti performative, che magari nella vita fanno tutt’altro.

IN EPOCA pre-covid le saracinesche erano alzate sette giorni su sette dalla mattina alla sera. Una giornata tipica prevedeva la mattina le prove delle compagnie, il pomeriggio i laboratori di movimento, di scrittura creativa e così via, la sera uno spettacolo in scena. Lo spazio non conosceva un momento di tregua neppure in estate, proprio per il mese di agosto era stato pensato il bando Odiolestate attraverso cui selezionare delle compagnie emergenti a cui offrire una residenza gratuita e un piccolo budget produttivo.

La capacità di individuare l’intersezione tra i bisogni degli artisti e del territorio cittadino potrebbe essere stata favorita, ci racconta ancora Teofili, «dal fatto che noi non siamo una compagnia, il non dover pensare per noi stessi ma per terzi, che siano gli spettatori, gli associati o gli artisti, ci regala la possibilità di prendere posizioni un po’ eccentriche e di incrociare un’esigenza reale». Un’indipendenza dunque non solo economica — solo per l’emergenza in corso, infatti, lo spazio ha partecipato a bandi di finanziamento pubblico — ma anche di scelte e di «sguardo» nell’ambito della produzione teatrale contemporanea.

Oltre alle attività all’interno, diverse sono le «macchine artistiche» che partono dalle Carrozzerie per esplorare l’esterno. Un progetto che la coppia ha fortemente a cuore è AllezEnfants che, realizzato insieme all’associazione Isola Teatro, parte dall’esperienza di formazione decennale all’interno delle scuole. I ragazzi e le ragazze che partecipano ai laboratori teatrali di alcuni istituti superiori cittadini vengono riuniti, in prossimità della fine dell’anno, nei locali del Teatro India. Qui non solo assistono agli spettacoli messi in scena gli uni dagli altri, ma vengono divisi in piccoli gruppi per lavorare con artisti, danzatori, registi scelti da Carrozzerie. Gli organizzatori ci tengono a sottolineare che il punto non è formare attori e attrici, ma cittadini e cittadine, per cui lavorando e giocando insieme gli studenti che provengono dalle aree più difficili della città si ritrovano ad interagire con gli adolescenti dei licei più blasonati, imparando a non vedere l’altro come una minaccia. La scuola pubblica viene così accolta nel teatro pubblico, per svolgere una funzione formativa virtuosa.

L’attenzione delle istituzioni culturali cittadine, dal Teatro di Roma passando per il Romaeuropa Festival e Short Theatre, si è rivolta poi verso le compagnie che negli spazi in Via Castaldi hanno mosso i primi passi o trovato il modo di sviluppare i propri lavori, inserendole nei rispettivi cartelloni. Lo scopo del progetto infatti è anche quello di essere un’incubatrice, di scovare e sostenere compagnie valide che possano poi continuare il proprio cammino in contesti più strutturati. Come ha puntualizzato Montagna, «proviamo a non tradire mai la natura del nostro spazio, ma i partner più grandi come festival e teatri stabili danno l’opportunità di un percorso che abbia un senso produttivo per gli artisti».

NATURALMENTE l’emergenza sanitaria ha fortemente limitato le attività di una realtà che si è sempre basata sull’incontro e sulle convergenze impreviste tra pratiche differenti. Durante il lockdown primaverile Teofili e Montagna hanno preferito rimanere fermi, convinti che gli spettacoli dal vivo e il contatto reale tra individui non fossero sostituibili; tuttavia in questi mesi autunnali hanno dovuto cedere alle richieste degli iscritti ai laboratori affinché venissero portati avanti sul web. Segno di un legame e un bisogno che la distanza non ha interrotto, anzi. Proprio per mantenere il dialogo con una comunità che si è dimostrata così ricettiva sono nati anche due nuovi progetti. 

Il primo si chiama Geografia privata ed è un’opera collettiva creata da frequentatori dello spazio che hanno dai 16 ai 70 anni, ai quali è stato chiesto di filmare Roma con il proprio smarthpone per provare a guardare la città come non lo si era mai fatto prima, a maggior ragione in questo momento in cui la geografia urbana è fortemente mutata. I curatori Mauro Maugeri e Orazio Condorelli monteranno poi il materiale, dando vita ad una drammaturgia in video. L’altro progetto, Martiri metropolitani, è un documentario diviso in episodi in cui Lorenzo Guerrieri e Niccolò Fettarappa si aggirano nella zona di Carrozzerie n.o.t intervistando i passanti a proposito delle piccole pene quotidiane inflitte dalla pandemia.

IN ATTESA di poter rialzare le serrande di questa officina creativa la sopravvivenza economica è un tema estremamente delicato, ma al contrario di altri spazi indipendenti non è stato organizzato nessun crowdfunding, perché «l’idea di chiedere ai nostri sostenitori di darci dei soldi per poi non poterli mettere in mano a nuova creatività, ovvero agli artisti, ma di utilizzarli solo per le spese di gestione, sarebbe veramente triste per noi». Parole che evidenziano una visione ampia, frutto di un lavoro sincero e appassionato di cui la città merita ancora di fruire persino nell’irresistibile calore agostano, oggi lontano.