Caroselli di auto in festa hanno attraversato per tutta la serata di ieri Valy e-Asr, il lungo boulevard di Tehran che collega piazza Tochal a via della Rivoluzione: l’uomo del compromesso Hassan Rohani ha preso il posto del controverso Ahmadinejad. Festeggiamenti che erano stati bloccati nella serata di sabato per attendere i risultati ufficiali. E così una certa gioia è tornata lungo la strada in cui si adunava il movimento verde nel 2009: la via che una volta era dedicata ai Pahlavi e ora richiama alla memoria il dodicesimo Imam che, secondo gli sciiti, è in occultazione in attesa del suo ritorno. Tutti i candidati si sono congratulati con Rohani per la sua vittoria inaspettata al primo turno. Un successo urbano perché è soprattutto nelle grandi città che Rohani ha ottenuto i suoi 18 milioni di voti, contro i sei del primo degli esclusi: il sindaco di Tehran Baqer Qalibaf. Ali Khamenei, che aveva accolto con una certa freddezza la rielezione di Ahmadinejad, si è congratulato con calore con Rohani. «Tutti hanno il dovere di aiutare il nuovo presidente e il suo governo», ha detto Khamenei.

Anche Londra e Parigi, tra i cinque paesi mediatori per il programma nucleare, non hanno tardato a congratularsi con il nuovo presidente iraniano. Il ministro degli Esteri, Laurent Fabius si è detto pronto a lavorare con Rohani, in particolare sul dossier nucleare e «sull’impegno dell’Iran in Siria». Fabius ha manifestato soddisfazione per «l’aspirazione alla democrazia del popolo iraniano». Londra invece ha chiesto al neo-eletto presidente di «cominciare un nuovo percorso». Il ministero degli Esteri britannico ha rivolto un appello affinché il nuovo leader iraniano «metta il paese su una strada nuova, venendo incontro alle preoccupazioni della comunità internazionale sul programma nucleare, migliorando la situazione politica e dei diritti umani». Anche il ministro degli Esteri italiano Emma Bonino ha salutato con favore l’elezione di Rohani. «L’Italia confida che sia possibile avviare senza indugio una stagione di rinnovato dialogo costruttivo tra l’Iran e la comunità internazionale», ha commentato Bonino. Le relazioni tra Roma e Tehran sono state floride proprio durante le presidenze Khatami, che aveva fatto più volte visita in Italia. Negli ultimi anni di presidenza riformista e con l’avvento di Ahmadinejad, nonostante rilevanti interessi commerciali, i due paesi sono sembrati sempre più distanti.

Ma non è della stessa opinione di Parigi e Londra il ministro della Difesa israeliano, Moshe Yaalon ha tagliato corto e si è detto favorevole a un inasprimento delle sanzioni contro l’Iran, indipendentemente dal risultato delle presidenziali. «È necessario inasprire le sanzioni contro Tehran e far capire a questo paese che l’opzione militare resta sul tavolo per frenare i progressi del suo pericoloso programma nucleare», ha proseguito Yaalon. Se cambiamenti sulla questione nucleare sono tutti da verificare, ancora più complesso è il tema del sostegno di Tehran al regime di Assad. In una recente intervista, Rohani non aveva posto veti all’avvicendamento nel 2014 del presidente siriano, riprendendo simili dichiarazioni di Rafsanjani. Puntando su questi segni, alcuni esponenti dell’opposizione siriana hanno chiesto a Rohani di rivedere la posizione di Tehran in merito al conflitto siriano.

Ma a gettare acqua sul fuoco è la diaspora iraniana all’estero. Molti attivisti e giornalisti manifestano una certa sorpresa alla notizia della vittoria di Rohani. Tutti concordano però nel ridimensionare l’entusiasmo. «La maggioranza vuole le riforme», ha assicurato Babak Karimi, attore nel film “Una separazione” di Asghar Farhadi, che nel 2012 vinse l’Oscar come migliore film straniero. «Se avessi potuto scegliere non sarebbe stato Rohani il mio candidato. Non so se Rohani cambierà veramente le cose», ha concluso Babak. «Sono scettico. La biografia (del nuovo presidente, ndr) ci dice che non è certo Gandhi, speriamo che mantenga le promesse, sulla libertà e sul riconoscimento dei diritti delle donne», ha aggiunto lo scrittore Hamid Ziarati.