Carol Kohl ha un incubo, vede se stessa in un treno giunto al capolinea. La sua carrozza si chiude ermeticamente e da alcuni tubi esce del gas. Prima che nel sogno muoia soffocata, si sveglia. È una donna sola, ha un frigorifero mezzo vuoto, un divano dove sdraiarsi dopo essersi alzata dal letto e un telecomando per cercare senza convinzione uno svago che la possa distrarre. Ed è proprio da uno dei canali casualmente intercettati che anche noi veniamo a conoscenza di un imminente tragico evento: un corpo celeste sta per schiantarsi contro la Terra. L’impatto devastante porrà fine alla vita di tutti tra sette mesi e tredici giorni.
Questo conto alla rovescia, per molti, si trasforma nell’incredibile opportunità di strapparsi la camicia di forza della quotidianità. Si smette di lavorare, di produrre merci, di rispettare i vincoli famigliari.

«VIVI LA VITA che vuoi, nel modo in cui vuoi» consiglia alla televisione il santone. «Pentitevi! cercate la salvezza, non è troppo tardi», ammonisce il sacerdote. Intanto, la coda per scalare l’Everest è più lunga di quella della che paralizza la Tangenziale Est a Roma in un qualsiasi giorno dell’anno.
E Carol cosa fa? Attraversa a nuoto l’oceano? Si getta da un aereo col paracadute? Prende lezioni di surf? No. Fissa un appuntamento per la pulizia dei denti e si ostina a pagare i conti in rosso della sua carta di credito. È questa la resa definitiva a un presente che non ha più futuro? Non esattamente. Perché nel punto più basso, Carol intraprende involontariamente un percorso che la condurrà a una presa di coscienza. Un viaggio che paradossalmente ha inizio quando si imbatte in un misterioso e inquietante ufficio di contabili, apparentemente ripreso dalle pagine de Il castello di Franz Kafka. Lavorando (non si sa per chi e a cosa) e conoscendo persone simili a lei, interessandosi ai loro nomi e alle loro vicende, ridando significato alle piccole azioni di ogni giorno, la neo assunta, all’opposto di K, l’agrimensore, trova una inaspettata sintonia con l’esistente.

Carol e la fine del mondo, miniserie animata Netflix in dieci puntate creata da Dan Guterman, è il racconto di un’umanità che di fronte alla sua prossima sparizione si divide tra chi non rinuncia a un ultimo ballo sfrenato, dando letteralmente fuoco agli indumenti del passato, e chi senza un piano preciso si avvicina inaspettatamente alla saggezza.
Nel corso degli episodi, però, non emerge una differenza morale, non si esibisce una preferenza in positivo o in negativo tra un personaggio e l’altro, tra il delirio dei tanti e la compostezza dei pochi. Ognuno con la sua storia, con il tempo che gli sfugge, possiede una ragione, riafferma il suo diritto a esserci, pur sapendo che non sarà più. In un alternarsi di momenti poetici e spietati, è possibile empatizzare con Carol e le sue paure, sorridere per la sua ostinata ricerca del toner giusto per una stampante, ma anche ammirare i suoi anziani genitori che vivono una relazione aperta con Michael, il loro infermiere, e che girano il mondo incontrando pirati e capitani.