Dopo oltre dieci ore di trattativa, dalle 18 di martedì alle 5 di ieri, a Roma è stata firmata una bozza di accordocon il management del Mulino è stata ratificata dall’assemblea dei lavoratori in sciopero della casa editrice romana Carocci. La minaccia di licenziamento di diciassette persone (su 32), tra editor e personale amministrativo, è venuta meno. Sette torneranno al lavoro, dieci andranno in Cigs per un anno. Per loro, informa la Rsu della casa editrice romana, sono previste otto mensilità di esodo incentivato, 1500 euro lordi per ogni carico familiare, i mesi di preavviso. Dopo dovrebbe subentrare la mobilità oppure la nuova Aspi. L’azienda si è impegnata ad anticipare l’integrazione salariale.
«Questo è l’unico scenario che contemplasse un minimo di tutela e riducesse l’impatto sociale dell’intervento – sostiene Fabio Scurpa (Slc Cgil di Roma e Lazio) – vista l’impossibilità per il sindacato di condividere un piano industriale che continua a ritenere sbagliato. Il prezzo pagato dai lavoratori resta altissimo, ma continueranno a monitorare le scelte della dirigenza e sottoporle a verifica critica».

La crisi aziendale scaricata sulle spalle dei lavoratori della Carocci. Il giudizio resta duro: «Hanno confermato – si legge in un comunicato – la fiducia nell’operato di quella dirigenza che non ha mai saputo, o voluto, affrontare con strumenti adeguati la crisi».

«Era l’unico compromesso possibile. Considerata la difficile situazione di partenza, siamo riusciti ad ottenerlo grazie alla mobilitazione e al clamore mediatico – sostiene Antonio Resta, caporedattore della Carocci, membro della Rsu, uno dei dieci lavoratori che andrà in cigs – Siamo rimasti delusi dagli esiti, un po’ troppo di compromesso, dell’assemblea straordinaria dei soci del Mulino. A me sembra che le celebrazioni del sessantennale del Mulino non abbiano affrontato il nodo del rilancio delle attività. Un problema che è esploso nel modo convulso e peggiore a dicembre».

La crisi che ha colpito le due maggiori case editrici universitarie italiane non è ancora chiusa. Resta aperta la vertenza dei quattordici dipendenti del Mulino di Bologna che dovrebbero essere licenziati e riassunti dalla Edimill, la «newco» che lavorerà per il marchio bolognese. Venerdì scorso i sindacati hanno rifiutato la proposta.

«L’esternalizzazione non è una scelta produttiva né efficace – afferma Antonio Rossa (Slc Cgil) – Proponiamo che continuino a svolgere il lavoro redazionale all’interno». Prossimo incontro il 20 gennaio all’Unione industriali di Bologna.