Di quella presenza angelica che è stato Massimo Troisi in quest’ultimo periodo legato all’anniversario dei 25 anni dalla sua scomparsa abbiamo visto spesso brani del cabaret in tv, talvolta sono state riproposte interviste e film sempre accolti con affettuoso divertimento e nostalgia, tra i più amati compagni di strada degli ultimi decenni. È appena uscito il libro «Caro Massimo» di Matilde Hochkofler (La nave di Teseo) che sarà presentato sabato 22 giugno a Viterbo nel corso del festival «Caffeina». Il libro ha la particolarità di non spezzettare la sua creatività in brevi flash, ma di ricomporre per intero un percorso artistico e di vita vissuta, accompagnandoci dalle prime attività teatrali ai grandi successi internazionali da lui accolti quasi con incredulità.

Il «caro Massimo» del titolo indica oltre l’affetto del pubblico anche il trasporto con cui è stato scritto il libro, a partire da una lunga serie di incontri con l’attore, con alcuni dei suoi collaboratori e poi da tanto materiale da riproporre con attenzione. Specializzata in biografie dei «grandi», come quelle su Anna Magnani e Marcello Mastroianni, e curatrice di grandi mostre da Totò a Zavattini, anche in questo caso la sua attenzione di studiosa è attenta a non tralasciare particolari, a evitare la citazione frettolosa e la lettura scorre veloce, ansiosa di ripercorrere una vita che ci sembra di conoscere già, come a voler riascoltare le battute che non ci stanchiamo di sentir ripetere in quella lingua inventata da Troisi, un po’ surreale carica di elementi sovversivi rispetto ai luoghi comuni del quieto vivere.

Così rimettiamo insieme anche gli elementi poco conosciuti, come gli esordi «militanti» nel primo locale, un ex garage, con Troisi come leader del gruppo: «Ho cominciato nemmeno tanto per fare teatro, ma per aprire un centro a San Giorgio a Cremano. La spinta era dovuta a un impegno politico, a un desiderio di partecipazione nel sociale in questo paese che io e i miei amici vedevamo vivere nell’ombra di Napoli… Credevamo che anche un piccolo punto, anche un piccolo centro potesse servire a qualcuno. Quindi abbiamo cominciato a invitare gruppi musicali, gruppi teatrali, a organizzare delle manifestazioni per i ragazzi de paese, a ospitare riunioni politiche». Si vede in quei ricordi come cresceva la passione per il teatro, dai canovacci di tre pagine diventati insieme a Lello Arena spettacoli da un’ora e mezzo.