Carmelo Bene, il poeta della musica – questa la definizione con la quale l’artista di teatro fu premiato a una manifestazione, pochi anni prima della morte, dal maestro Riccardo Muti – inizia ad essere finalmente tradotto in inglese. La notizia, nel suo piccolo, è importante, e merita un approfondimento.

È da poco disponibile in rete I Appeared to the Madonna, ovvero la traduzione di un suo classico: Sono apparso alla Madonna. La versione inglese include, anche, l’«Autografia di un ritratto», cioè la prefazione alle Opere edite da Bompiani. Il tutto è tradotto e curato da Carole Viers-Andronico, traduttrice professionista e accademica. L’editore è Contra Mundum Press, una piccola realtà newyorkese il cui creatore ed editore è lo scrittore e saggista Rainer J. Hanshe, nei cui piani questo libro dovrebbe essere la prima di una serie di pubblicazioni degli scritti del genio salentino. La scommessa di Hanshe colma una lacuna, quella di Bene in inglese, e apre ad una riflessione, quella sullo stato della conoscenza all’estero di certe figure della cultura italiana del secolo scorso.

Tra mimesi e filologia
Tradurre Bene è sicuramente complesso. Per limitarci a quanto non è prosa e poesia, ogni frase richiederebbe di pensare sempre a tre livelli interpretativi: quello letterario dello scrittore, quello retorico dell’attore, quella teoretico dell’intellettuale.

Nell’affrontare la sfida, Viers-Andronico opta per una resa secca, speculare all’originale. Si ha forse una attenuazione di certe repentine variazioni tonali dell’«ars retorica» beniana – in questo, l’inglese influisce, essendo una lingua più paratattica dell’italiano – ma poco male. La scelta rende. La riproduzione di quella che, a partire da Maurizio Grande, sappiamo essere la proprietà più evidente della voce scritta del salentino, ovvero la smarginatura, c’è, viene fuori. Si legge un inglese che sicuramente restituisce quel piglio lirico, ondivago, incline alla sprezzatura.

A questo poi, va aggiunta la voluta mancanza di un apparato critico. Ora, si potrebbe pensare che questo non aiuti potenziali nuovi lettori a intendere certi discorsi come, per esempio, quello sul femminile secondo Bene. Eppure, Viers-Andronico ha compiuto la scelta giusta, cioè una scelta profondamente beniana, nella misura in cui la copertura/velatura delle fonti intese come spiegazione è sempre stata una costante del genio salentino (si veda, per esempio, L’orecchio mancante, volume assolutamente da ristampare in Italia).

Inoltre, questa scelta dimostra una consapevolezza da studiosa che, per chi frequenta da tempo il lavoro beniano, potrebbe ricordare quanto fatto da Jean-Paul Manganaro in Francia. Ovvero, l’esempio che si può prendere a modello nell’affrontare in un’altra lingua il lavoro di Bene, in quanto studioso e traduttore di questi, e quindi persona in grado di capire determinate sfumature di significato in certe scelte linguistiche.
Ecco, con I Appeared to the Madonna, la sensazione è quella di trovarsi a leggere un lavoro in cui la traduttrice sembra, a suo modo, in linea o sintonia con quell’approccio.

Il contesto della traduzione
Come anticipato, a pubblicare ufficialmente un libro di Carmelo Bene in inglese per la prima volta è Contra Mundum Press. Ovvero, una casa editrice né grande né media del mercato angloamericano, come invece si potrebbe auspicare per il nostro, tanto in relazione al valore della sua opera quanto in paragone con autori italiani altrettanto importanti e già ampiamente tradotti e diffusi.

Per quanto triste in un senso, per così dire, romantico, alla fine sembra essere uno stato di cose sostanzialmente positivo. L’opera scritta del salentino è certamente al sicuro sotto il controllo di un piccolo editore, almeno fino a quando rimane in grado di evitarne l’omologazione (nel catalogo) e presentarne l’eccezionalità (nella curatela).
Inoltre, l’iniziativa di Hanshe e Viers-Andronico la si può leggere come l’ultimo caso, in ordine di tempo, di una memoria del lavoro beniano che, nonostante mancanze e problemi di determinate iniziative «ufficiali» accumulatesi nel corso di questi anni, è tenuta viva da tanti studiosi/e ed appassionati/e. Lo si vede soprattutto in rete con l’apparizione continua di documenti inediti che, sostanzialmente, aggiornano la nostra conoscenza dell’autore di Nostra Signora dei Turchi. In un certo senso, avere un libro come I Appeared to the Madonna in inglese, uscito senza fini accademici, dimostra che anche un discorso radicale come quello di Bene può penetrare in un contesto come quello angloamericano in virtù della propria forza. E, ovviamente, grazie alla capacità di chi è in grado di percepirla.

A questo proposito, una pubblicazione del genere offre infine l’opportunità di guardare a come, più in generale, sia la situazione delle traduzioni in inglese di determinati autori italiani paragonabili a Bene nella parola scritta. Lo scenario presenta interessi sparsi nel tempo che però non hanno mai fatto, per così dire, sistema, forse per incapacità di promozioni strategiche dall’Italia o forse per motivazioni legate alle parti angloamericane, tra negligenze accademiche e mancanze di investimenti economici. Da un lato, si possono per esempio citare iniziative lodevoli per l’impegno ma non riuscite negli esiti come la traduzione delle poesie di Emilio Villa, libro tra l’altro uscito per Contra Mundum (ne scrive Aldo Tagliaferri, ovvero l’intellettuale a cui fare riferimento quando si parla del genio lombardo, nel suo libretto Post scriptum). Dall’altro lato, per stare sullo stesso livello, pare che ancora non siano state scoperte figure come, tipo, quella di un Antonio Pizzuto.

Nel complesso quindi, non si può che salutare favorevolmente l’uscita di qualcosa come I Appeared to the Madonna, e il progetto generale di far scoprire Bene nella lingua di Pound e, soprattutto, Joyce.