Preceduto da una lunga cornice introduttiva nella quale vengono chiamati a raccolta i nomi di Goethe, Schopenhauer, Husserl, oltre a quello di Giovanni Piana, che di Carlo Serra è stato maestro, Come suono di natura Metafisica della melodia nella Prima Sinfonia di Gustav Mahler (Galaad edizioni, pp. 312, € 18,00) non è un libro di storia della musica, né un saggio analitico o biografico; piuttosto – come suggerisce il sottotitolo, e come precisa lo stesso Serra nelle prime pagine – è un percorso di filosofia della musica. Quel che conviene intendere con questa espressione, però, corrisponde solo in parte al significato oggi corrente nell’idea di un’analisi di concetti o categorie in uso nel discorso su questa arte, sui suoi prodotti o sulle sue pratiche.

Prima esecuzione a Budapest
Considerandola soprattutto in relazione al tema che trae spunto dal Lied – «Ging heut’ morgen übers Feld» – che Mahler incorpora nel suo progetto sinfonico, Serra legge in chiave fenomenologica il primo movimento della Prima sinfonia in Re maggiore, composta tra il 1888 ed il 1894, eseguita per la prima volta a Budapest nel 1889 e successivamente intitolata «Titan», dal romanzo di Jean Paul. Lo scopo è arrivare a capire come il suono e la composizione possano avvicinarci alla natura e renderci partecipi della sua bellezza, mettendo a nudo al contempo l’impossibilità di coglierne il nocciolo più profondo. Nel suo insieme, il saggio è un grande esercizio interpretativo mosso da questo (romanticissimo) tema; un percorso nel quale descrizione, valutazione e discussione teorica tendono a intrecciarsi e a sostenersi reciprocamente.
La prosa di Serra, densa di riferimenti, procede piuttosto liberamente, facendoci sostare volentieri nello spazio aperto da un verso poetico o da un’immagine suggestiva. Per l’intento generale e per i suoi toni appassionati, fa venire in mente quella di alcuni celebri esempi novecenteschi, da Bloch a Jankélévitch.

Dalla scuola fenomenologica Serra raccoglie l’invito a concentrarsi il più possibile sull’esperienza di ascolto della superfice sonora, accompagnata da un attento esame della partitura, il meno possibile condizionato da visioni formali o nozioni pregresse. Ma al tempo stesso, il saggio si dimostra ampiamente consapevole delle considerazioni di Adorno, Bekker, Cooke, Eggebrecht, Floros, insieme ai tanti altri che figurano nell’ampia bibliografia.
La centralità dell’idea del suono che si fa specchio di un mondo, o più precisamente, secondo l’indicazione di Schopenhauer, che «narra la struttura del mondo, trasfigura le cose in simboli cosmologici», è un tema – nella letteratura mahleriana – generalmente associato alla Terza sinfonia (che dà voce a versi nietzscheani); ma Serra intende mostrarne la pertinenza anche nella Prima, mettendo a fuoco il pensiero musicale che la sottende, la metafora goethiana dell’organico (e più nello specifico del vegetale), il modo in cui, attraverso l’invenzione di un suono e di un’articolazione melodica, si fa espressione di un mondo.

Un racconto simbiotico
Per realizzare questo programma, entra nel tessuto armonico, si sofferma minuziosamente sul dettaglio dell’orchestrazione, si impegna a coglierne il senso nel suo rapporto con l’insieme. I termini tecnici si mescolano alle metafore e alle riflessioni sulla metafisica schopenhaueriana in una scrittura tendenzialmente lussureggiante, incline alla divagazione ma anche capace di rendere partecipe il lettore. Quasi a voler entrare in simbiosi con il suo oggetto, il libro trasforma l’analisi in racconto e svela un segreto che sembra nascondersi, più che nel programma con il quale il compositore aveva accompagnato la presentazione della sua opera, in quel suo singolare pensiero melodico.