Il governo e il parlamento propongono che la detenzione domiciliare diventi una pena detentiva a tutti gli effetti, comminata in sentenza. Se il secondo la chiedeva per reati puniti oggi con il carcere fino a quattro anni, il primo rilancia con un emendamento che innalza il tetto di due. È questa la misura più significativa mai ventilata durante il percorso compiuto dal gennaio 2010, quando fu dichiarata l’emergenza carceraria. Forse la sola volta in cui, per contrastare l’emergenza di un terremoto, si è pensato a costruire case più solide piuttosto che ospedali per curare i feriti.

Un percorso che possiamo ripercorrere partendo dal dicembre 2010, quando vide la luce la cosiddetta legge Alfano, la 199, che mandava in detenzione domiciliare coloro cui rimanevano da scontare meno di dodici mesi di carcere. Passò un anno, cambiò il governo e il ministro Severino emanò un decreto che portava i dodici mesi a diciotto e che voleva intervenire su quel fenomeno delle «porte girevoli» per il quale si entra e si esce dal carcere nel giro di poche ore, venendo arrestati con provvedimenti mai convalidati dalla magistratura. La ministra della Giustizia aprì agli arresti le camere di sicurezza di commissariati e caserme.

Circa diecimila persone sono a oggi uscite in detenzione domiciliare con la legge 199. Tutto questo – insieme però alle disposizioni europee sull’immigrazione che fortunatamente ci hanno impedito di mandare in galera chi solo non aveva obbedito all’ordine di lasciare il Paese – ha determinato un blocco nella crescita della popolazione detenuta, assestata sulle 66 mila presenze.

Al decreto menzionato, Paola Severino affiancò un ddl governativo che prevedeva la sospensione del processo con messa alla prova, sul modello della giustizia minorile, per reati con pene fino a quattro anni, nonché l’introduzione di una nuova pena nel codice, quella della detenzione domiciliare, oggi prevista solo quale misura alternativa in cui la pena carceraria può essere parzialmente commutata. Nel dicembre 2012, a fine della legislatura e tra le lacrime della Severino, il disegno di legge venne affossato.

La nuova legislatura ha riproposto su base parlamentare le misure del ddl Severino come legge delega. È a questa che la Cancellieri propone l’emendamento dei sei anni invece di quattro, il quale permetterebbe di intercettare qualcuno tra i condannati per l’art. 73 della Fini-Giovanardi sulle droghe – che prevede pene spropositate – e tutti coloro che, tra questi, sono condannati con l’attenuante dei «fatti di lieve entità».

La Cancellieri sta lavorando parallelamente a un decreto legge che vorrebbe estendere a 60 giorni a semestre lo sconto di pena oggi di 45, previsto per i detenuti che dimostrano di collaborare nel venire “rieducati”. Non è chiaro se ciò si applicherà anche retroattivamente, ampliando di molto l’efficacia ma rischiando sperequazioni. In quello stesso decreto dovrebbero comparire altre misure, tra cui l’uso di spazi dismessi (Pianosa, ad esempio) per progetti di custodia attenuata. Non è facile quantificare gli effetti in termini deflattivi. Bisogna recuperare un gap di 30 mila posti per evitare di incorrere nelle condanne della Corte Europea dei Diritti Umani. Oggi i posti letto, nonostante quanto venga ufficialmente scritto, sono circa 37 mila (non certo i 71 mila sentiti in recenti occasioni pubbliche).
Non ci sono state parole di propaganda sul piano di edilizia. Di esso sono rimasti sulla carta 4 carceri e 16 padiglioni, per 350 milioni di euro. Nessun cantiere è stato però aperto. Sarebbe cosa buona usare quei soldi per la manutenzione ordinaria delle carceri, per l’acquisto di beni primari, per avviare a progetti di recupero sociale migliaia di tossicodipendenti dando ossigeno ai servizi pubblici e alle comunità terapeutiche.

Per ora nei progetti del governo non c’è traccia di una messa in discussione delle leggi che tanta carcerazione inutile hanno prodotto: droga, immigrazione, recidiva. La campagna «3 leggi per la giustizia e i diritti», che si sta avvicinando alle 50 mila firme, riguarda questi temi, insieme a quello della tortura. Il 26 giugno, la giornata dedicata dall’Onu alle vittime della tortura ma anche alla lotta alla droga sarà destinata in tutta Italia alla raccolta di firme. La Corte di Strasburgo ci ha dato un anno di tempo per risolvere il problema del sovraffollamento. Con queste leggi non solo lo risolveremmo, ma sapremmo anche giustificare di fronte al mondo criteri meno propagandistici con i quali mandiamo in galera le persone.
*Antigone