«Il mondo dei luoghi della privazione della libertà non è luogo “altro”». Ripartire dopo la pandemia, secondo il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, vuol dire anche «dare strumenti all’intera collettività affinché riconosca l’appartenenza a sé di tali mondi, comprendendo che sono gli indicatori del suo livello di democraticità».

Il garante Mauro Palma ha presentato al parlamento, ieri mattina alla camera dei deputati, la sua relazione annuale. Sono intervenuti il presidente della camera Fico – per il quale «il parlamento deve valutare con attenzione interventi legislativi che consentano la riduzione della popolazione carceraria, favorendo in particolare il ricorso a misure alternative» – e la ministra della giustizia Marta Cartabia.

Nella relazione di Palma i numeri dell’esecuzione penale. Se il 2020 era cominciato con 60.971 detenuti in carcere, all’inizio del 2021 questi erano 53.329. Una positiva diminuzione, dunque, che è dipesa «dai minori ingressi dalla libertà nel periodo di chiusura sociale per il rischio di contagio». Nel complesso il sistema, secondo il Garante, «ha retto l’impatto del Covid», ciò non di meno il numero di vittime per il virus non è stato basso: 28, di cui 15 detenuti e 13 agenti di custodia. La popolazione carceraria si è ridotta anche perché nel 2020 c’è stata un maggiore ricorso alla detenzione domiciliare, questa però – nota Palma – è «principalmente dovuta a una più direzionata attività della magistratura di sorveglianza, piuttosto che all’efficacia dei timidi provvedimenti governativi adottati». Nei primi mesi del 2021, poi, c’è già stata un’inversione di tendenza, tant’è che i detenuti sono già risaliti a 52.661 a fronte di una capienza delle carceri di 47.454 posti. «Siamo consapevoli che il problema sta per riproporsi», ha detto la ministra Cartabia, confermando che «arriveranno interventi, soprattutto attraverso il Pnrr, su edilizia e architettura penitenziaria» ma convenendo che «le misure alternative (al carcere, ndr) possono essere un terreno di elezione».

D’altra parte Palma ha presentato dati inoppugnabili. «Più di un terzo di persone detenute hanno una previsione di rimanere in carcere per meno di tre anni» e «ben 1.212 sono state condannate a una pena inferiore a un anno». Persone che «non accedono a misure che il nostro ordinamento prevede, spesso anche perché privi di fissa dimora» e che , soprattutto, rendono vana la previsione costituzionale della finalità rieducativa del carcere. Perché «nessun progetto può essere attuato per periodi così brevi e spesso il tempo della detenzione diviene soltanto tempo di vita sottratto, peraltro destinato a ripetersi sequenzialmente». Intanto Cartabia ha annunciato che «presto» riprenderanno i colloqui in carcere, sospesi per il Covid, dopo il parere positivo del Cts. «Sono contento – ha detto Palma – ma spero che prevedano anche la possibilità di prendere in braccio i propri figli».

Agli operatori di polizia penitenziaria, Palma ha ribadito «vicinanza e profonda considerazione», ma proprio per questo ha richiesto «fermezza verso quei pochi che con il non rispetto della propria divisa rischiano di gettare un’ombra sul corpo». Proprio oggi, invece, il sindacato di polizia Sappe terrà un presidio di protesta in via Arenula contro la decisione di Cartabia di costituire il ministero parte civile nel processo per le violenze del 2018 nel carcere di San Gimignano, che vede imputati cinque agenti.