Cosa unisce Bread and Roses cantata a Torino, un muro simbolicamente abbattuto a Goleniów nella Polonia «oscurantista» e una novella del Seicento portata in scena dalle donne del campo rom di Siviglia? Sono tutti eventi promossi dal progetto Caravan Next, un mastodontico programma di teatro sociale di comunità che ha coinvolto negli ultimi anni ben sedici Paesi europei, trenta città, trecento professionisti teatrali, oltre 180 mila cittadini, dei quali il 55% al di sotto dei 35 anni. Con l’obiettivo di fare empowerment (azioni di consapevolezza), raccogliere le contemporanee sfide sociali europee e provare, con il teatro, a cambiare il mondo. Evitando i palcoscenici altisonanti, andando, invece, alla ricerca di storie minori, racconti periferici e di sofferenze spesso messe ai margini.

CARAVAN NEXT ha vinto nel 2015 il bando Creative Europe, programma dell’Unione Europea che finanzia progetti culturali. È nato sotto la Mole, promosso dal Social and Community Theatre Centre dell’Università degli Studi di Torino insieme all’Odin Teatret, storica compagnia danese di teatro di ricerca. Il progetto è stato ideato da Alberto Pagliarino, attore e ricercatore, e ha coinvolto undici partner internazionali. Un laboratorio itinerante ben radicato nei territori che ha raccolto speranze e istanze dei cittadini in quanto attori dei processi artistici. «Abbiamo provato a ritrovare il vero senso del teatro, un teatro per le persone, che tratti temi contemporanei e scuota brechtianamente le coscienze. Nelle varie tappe del progetto abbiamo lavorato sul territorio cercando di comprendere i bisogni sociali, artistici e culturali e successivamente abbiamo costruito insieme un evento, preparato da professionisti e cittadini», spiega Pagliarino.

A TORINO, L’INTERVENTO artistico è avvenuto al Distretto sociale Barolo, cittadella della «cura» al servizio dei più vulnerabili che da 150 anni sostiene donne in difficoltà, giovani fragili, detenuti, migranti, emarginati. E dopo un lungo lavoro, durato nove mesi, Caravan Next ha portato in scena Saving The Beauty, diretto dalla regista e drammaturga Alessandra Rossi Ghiglione, direttrice e creatrice del Social and Community Theatre Centre.

La bellezza salverà il mondo? Così si domandava Fëdor Dostoevski. Partendo da questo interrogativo, i laboratori si sono chiesti quali siano le cose belle da salvare. «Abbiamo lavorato su questo tema – sottolinea Pagliarino – con diversi gruppi e associazioni ospitati nel Distretto. Il primo formato da donne vittime di violenza, molte provenienti dal Nordafrica, Centrafrica ed Est Europa, alcune italiane, che, vestite a festa, si sono cimentate con la canzone Bread and Roses, cantata dalla sufragette all’inizio del Novecento.

Un gruppo di bambini, in cura negli ospedali torinesi e accolti in Casa Cilla con i familiari, hanno giocato con la fiaba di Pinocchio. Un laboratorio in collaborazione con l’associazione Agape, che si occupa di disagio psichico, ha lavorato sulla festa di matrimonio. I ragazzi della cooperativa Mirafiori hanno ragionato sulla bellezza come forza per andare avanti. L’evento ha collegato i risultati dei laboratori attraverso un percorso tra i vari cortili del distretto Barolo mettendo così in rete i lavori delle varie associazioni e grande. È stato un grande evento che ha portato in scena almeno cento cittadini».

Il teatro sociale di comunità si occupa dell’empowerment di un territorio con l’obiettivo di una trasformazione duratura del tessuto in cui opera. Coinvolge oltre ad artisti anche educatori, antropologi e filosofi. Fa dell’interdisciplinarità un tratto distintivo. Un’altra finalità è il cosiddetto audience development, ovvero l’allargamento del pubblico e lo sviluppo della partecipazione culturale, in modo tale che i cittadini siano attori dei processi artistici.

A SIVIGLIA, LE PROTAGONISTE sono state le donne del campo rom El Vacie, il campo stanziale più antico d’Europa. Una realtà separata dalla città, dove il coprifuoco è alle ore 21 e le maggiori vittime della criminalità interna sono proprio le donne che ci vivono. Hanno lavorato sul tema dell’accoglienza, non solo nei confronti di chi viene da fuori, ma anche di chi vive separato in una stessa zona.

Due gli spettacoli che sono stati messi in scena: uno ispirato a Madre coraggio di Bertold Brecht e un altro a Fuente Oveunja, commedia drammatica seicentesca di Lope de Vega. «La vicenda – racconta Pagliarino – è ambientata in una piccola città della Spagna dove soprattutto le donne sono vittime di un dittatore violento. Si ribelleranno, uccidendo il tiranno. Responsabilità che sarà assunta collettivamente da tutto il popolo. I laboratori curati dal Centro Tnt Atalaya continuano e dopo aver coinvolto i bambini coinvolgeranno anche gli uomini del campo. I percorsi di Caravan continuano nel tempo».

«Saving the beauty», Torino. I bambini mettono in scena Pinocchio

L’ultimo ciclo di eventi si è svolto tra agosto e settembre in Polonia a Goleniów in collaborazione con il Teatr Brama che ha coinvolto i cittadini e ha messo in scena the Wall dei Pink Floyd. «Una resa scenica forte, a partire da “Hey teacher leave us kids alone” cantata dai bambini delle elementari, quanto il messaggio “abbattere i muri” in un momento in cui in Polonia vengono invece alzati. La stampa locale si è schierata contro la manifestazione, ma la partecipazione è stata alta, cinquemila i cittadini presenti, centinaia in scena, tra loro pure il sindaco».

LE ORIGINI DI CARAVAN NEXT, che contamina il teatro con la musica, la danza e le arti figurative, affondano nel precedente progetto Artist on the road, un teatro viaggiante in caravan, un po’ come il Camion di Carlo Quartucci nei primi anni Settanta, celebre esperimento di una compagnia itinerante. Con Caravan Next si è costituito un pezzo di welfare, un teatro utile. I risultati sono stati presentati a metà ottobre in una conferenza in cui sono intervenuti per Caravan oltre a Rossi Ghiglione e Pagliarino anche Alessandro Pontremoli, docente Dams, e Rita Maria Fabris. Un film documentario, prodotto dalle Ogr di Torino (ex Officine per la riparazione dei treni e nuove Officine della cultura contemporanea), ne racconterà l’esperienza nel 2019.