Caparezza incontra Van Gogh
Intervista Esce il 22 aprile il sesto album del cantautore pugliese, Museica. Su un sound spigoloso diciannove brani che partono da un dipinto famoso e raccontano (anche) il degrado del belpaese
Intervista Esce il 22 aprile il sesto album del cantautore pugliese, Museica. Su un sound spigoloso diciannove brani che partono da un dipinto famoso e raccontano (anche) il degrado del belpaese
Politicamente scorretto Caparezza lo è da sempre. E se si eccettua l’incidente di percorso iniziale – quel MikiMix pseudonimo tremendo quanto la musica proposta in un (dimenticabile) Sanremo edizione 1997, ha sempre – artisticamente parlando – alzato l’asticella di album in album. Anche Museica (Universal) – in uscita il 22 aprile – non sfugge alla tradizione, sia nell’artwork della copertina – affidata all’artista Domenico Dell’Osso, capostitipe dei pop surrealisti italiani – che nel contenuto. Perché il curioso neologismo del titolo – che mescola le parole musica e museo, rivela un progetto dedicato al mondo dell’arte: «L’audioguida delle mie visioni messe in mostra – spiega l’artista pugliese – ogni brano del disco prende spunto da un’opera pittorica che diventa pretesto per sviluppare un concetto». Il lavoro – complesso – di creazione delle diciannove tracce, muove da un dipinto celebre. Così capolavori di Van Gogh, Francis Bacon, Goya, Duchamp, servono come ispirazione all’autore per raccontare storie, catturare persone e momenti.
Il sound è duro, volutamente spigoloso: «Lo abbiamo registrato nel mio studio personale che ho ricavato nella casa di Molfetta e poi ho voluto togliermi la soddisfazione di farlo mixare da un mago della consolle: Chris Lord Alge. In Italia abbiamo l’abitudine di edulcorare i suoni, di mettere avanti le voci. Invece lui cerca sempre di sottolineare l’intensità del brano». L’idea per Museica inizia a prendere forma dopo una visita al museo Van Gogh di Amsterdam. «Io vado spesso all’estero per vedere cosa succede in Europa e nel resto del mondo, e nella maggior parte dei casi visito musei. Per la prima volta mi è successo di indossare un audioguida e di calarmi dentro le atmosfere del museo di Van Gogh, e dentro la sua vita. È nato tutto così, con la voglia di raccontare ciò che mi piace e dà un senso alla mia vita. Io sono appassionato di scrittura, ma anche delle altre forme creative. Non lo ero della storia dell’arte ma lo sto diventando man mano, studiando da vero e appassionato neofita».
Con un po’ di malizia si potrebbe dire, visto lo stato odierno del paese e di come la cultura viene trattata, meglio rifugiarsi in mezzo alle tante e «grandi bellezze» che ci circondano. Di certo la politica e il berlusconismo – che aveva cantato ironico divertendo/divertendosi nel suo lavoro precedente tre anni fa, Il sogno eretico, ora lo inquietano. E non poco. «Diciamo che l’arte è diventata quasi la mia ancora di salvezza dall’effetto terapeutico, ormai il fervore giovanile che mi ha portato alla politica è ai suoi…minimi storici. Ecco perché quando ho visto la porta aperta del museo ci sono entrato, perché lì mi confronto con un’altra politica che è quella della cultura».
E che invece in Italia è bistrattata; si tagliano i finanziamenti, si chiudono i musei, i soldi per i ricercatori non si trovano: «Ed è assurdo perché oggi più che mai c’è bisogno di una formazione culturale, perché senza formazione culturale qualsiasi elemento politico diventa speculazione e basta». Nel lungo girovagare fra note e nomi illustri fa capolino in Comunque Dada anche l’anarchico Cabaret Voltaire di Zurigo: «Era inevitabile che ne parlassi, perché rappresentano il movimento artistico più assurdo. È stato un fenomeno breve, ma ha lasciato molte tracce. Direi quasi un punk ante litteram».
Mica Van Gogh traccia un un solco tra cultura scritta e cultura digitale: «Lui 300 lettere, caratura, fine. Tu due faccine» recita il testo ironizzando implicitamente sulla didattica modello wikipedia elaborata dalla rete: «Sembra un 1984 di Orwell magari soft, la cultura massificata senza che nessuno se ne accorga. Van Gogh è l’elemento propulsore di tutto il disco. Lo definiscono pazzo ma non è vero, basta leggere le Lettere a Teo scritte al fratello minore per rendersene conto».
Il trittico di Bacon, Tre studi di Lucian Freud, battuto all’asta per 140 milioni di dollari, suggerisce la traccia sette, Non me lo posso permettere: «Parlo di chi con la scusa di non poter fare una cosa, in realtà si tira sempre indietro. Una specie di rosario della nostra condizione attuale, ognuno nel proprio recinto». Il tour estivo di Caparezza, partenza il 13 giugno da Napoli, viste le premesse di Museica, avrà una connotazione teatrale: «Direi didattica se non fosse un parola grossa, mi piacerebbe però far appassionare le persone all’arte, così come ha fatto Benigni con Dante». Nel cd si cita il maestro Manzi… «Ma mi raccomando, scrivilo: l’ho composta molto prima che andasse in onda la fiction!».
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