Anche Giuseppe Conte deve riconoscere che i gruppi parlamentari della principale forza che compone la maggioranza che sostiene il suo governo non versano in acque tranquille. Rispondendo a Bruno Vespa, il presidente del consiglio dice che il Movimento 5 Stelle «si trova in una fase di transizione». «Di Maio ha annunciato una riorganizzazione interna – spiega Conte – Dopo confido che avremo anche esternamente una maggiore linearità sulle scelte che compie».

La «fase» sembra essere arrivata ad uno snodo cruciale. Oggi si terrà un’assemblea congiunta dei direttivi dei gruppi di camera e senato, assieme a Di Maio. Per martedì prossimo è fissata la plenaria degli eletti, ufficialmente per discutere di legge di bilancio. Ma il «capo politico» potrebbe compiere passi in avanti nella scelta dei responsabili tematici e dei referenti regionali che comporranno la (nutrita) squadra che dovrebbe coadiuvarlo. Di Maio si muove per ricostruire una relazione coi parlamentari mentre i gruppi sono in confusione. Alla camera non si è ancora riusciti ad eleggere il capogruppo, nonostante lo stesso Di Maio avesse evitato di ‘endorsare’ qualsiasi candidato per il rischio che avrebbe finito per danneggiarlo. Ieri la senatrice Elena Fattori ha annunciato il suo passaggio al gruppo Misto, dal quale continuerà a sostenere il governo, dicendo di essersi sentita abbandonata dal M5S che da un anno la teneva sotto procedura disciplinare.

Il senatore Nicola Morra due giorni fa ha convocato una riunione per discutere della «identità» del Movimento 5 Stelle, e nonostante si sia sbracciato a segnalare che la sua iniziativa non era improntata ad alcuna forma di rottura è apparso evidente che uno dei grillini storici abbia cercato di costruire un momento di confronto e discussione che dai vertici viene costantemente disertato, il che alla lunga ha portato allo sfilacciamento tra i parlamentari. Una preoccupazione analoga muove il deputato Giorgio Trizzino, chirurgo palermitano di estrazione moderata che da tempo cerca di mettere il M5S nell’alveo del centrosinistra e di fargli assumere una struttura organizzata. Trizzino ha compiuto un passo che mai era stato fatto nella storia del Movimento, quantomeno alla luce del sole: ha diffuso e sottoposto ai suoi colleghi e alla discussione collettiva un vero e proprio documento programmatico in dieci punti.

Trizzino esordisce considerando come «non ha alcun senso attribuire alle elezioni locali indirizzi di assenso o dissenso alla politica nazionale» e invita a considerare «con molta attenzione la spontanea aggregazione di più parlamentari del M5S alla ricerca di nuove strategie». Lo scopo? «Garantire aderenza alle mutevoli istanze della società». Perché, si dice al punto 5, «la vera vocazione del M5S si chiama rappresentanza». A questo proposito sarebbe interessante sapere cosa ne pensano i grillini teorici della democrazia diretta, tanto più che il promotore della piattaforma Rousseau, Davide Casaleggio, si è presentato a Roma proprio ieri, per incontrare alcuni eletti sia a Palazzo Madama che a Montecitorio. Del cosiddetto «sistema operativo» del M5S Trizzino si occupa al punto successivo, quando si riconosce che «Rousseau ha rappresentato una novità» ma sostiene che «non possiamo considerarla l’unico sistema possibile». Per questo il deputato propone un «congresso fondativo» come momento di «confronto autentico»: «In gioco – insiste Trizzino – c’è la costruzione di una nuova rappresentanza e di un nuovo consiglio di vertice». A proposito di vertice, il documento considera «indispensabile» la distinzione tra incarichi di governo e responsabilità dentro il M5S: «Il capo politico – si legge nel decalogo – deve dedicarsi esclusivamente alla gestione della linea politica e alla organizzazione e formazione dei portavoce di M5S». Difficile non pensare alla collezione di incarichi accumulata da Di Maio in questa legislatura.