Il centrodestra sulle montagne russe non riesce a trovare la quadra quando mancano appena quattro giorni alla scadenza del termine per depositare i simboli per il voto in Sicilia del 25 settembre. Nell’ennesima giornata convulsa succede di tutto lungo l’asse Roma-Palermo, alla fine palla al centro. E niente intesa. Coi nervi a fiori di pelle. L’incubo della spaccatura c’è tutto.

GIANFRANCO MICCICHÈ l’aveva pure pronosticato: «Qui rischiamo di andare al voto separati». Forzando la mano, Forza Italia e Lega hanno trovato l’intesa. Passo indietro di Nino Minardo – indicato sa Salvini come candidato governatore nell’isola – e assist a Fi che ufficializza il nome di Stefania Prestigiacomo: l’ex ministra faceva parte della rosa degli 8 nomi che Miccichè aveva segnato nel bigliettino poggiato sul tavolo della coalizione che tre giorni fa si era riunita in un hotel a Palermo. A dare l’accelerazione è stato Silvio Berlusconi che dopo un colloquio con Miccichè ha chiamato Matteo Salvini per chiedergli l’appoggio. E il leader del Carroccio, che ha sempre puntato le sue fiches sulla riconferma di Attilio Fontana in Lombardia, ha dato l’ok senza indugi. A stretto giro però Ignazio La Russa, delegato a trattare il dossier Sicilia per conto di Giorgia Meloni, ha frenato: «Noi non abbiamo fatto alcun accordo e non facciamo intese sulla stampa. Stiamo lavorando per l’unità della coalizione. Sicuramente, Giorgia Meloni non si farà imporre nomi, la scelta va condivisa. Siamo sereni e al lavoro, ma ancora non capiamo l’ostilità a Nello Musumeci». E qualche ora dopo, ecco il tweet tranchant di Giorgia Meloni: «Abbiamo sempre difeso l’unità del centrodestra e continueremo a farlo, anche in Sicilia, dove il candidato migliore per noi rimane Nello Musumeci. Una cosa però non ci si può chiedere: sostenere un candidato che saliva sulla Sea Watch con il Pd». Insomma, se FdI deve digerire il “no” degli alleati a Musumeci adesso deve concordare l’alternativa, che per Meloni non può essere Prestigiacomo. Dunque, serve un altro nome. O il fronte si rompe.

EPPURE A TOGLIERE dall’imbarazzo FdI ci aveva pensato qualche ora prima proprio Musumeci, segno evidente che il governatore aveva fiutato una brutta aria. Lo ha fatto con un post su Fb, come quando aveva comunicato le sue dimissioni anticipate per favorire l’election day del 25 settembre, snobbando l’Assemblea regionale. «Basta con questo interminabile mercato nero dei nomi. Cercatevi un candidato che risponda alle vostre esigenze», la riflessione piccata del governatore uscente che fino all’ultimo ha creduto nel bis. «Mi rendo conto di essere un presidente scomodo – dice – Ringrazio di vero cuore Giorgia Meloni e Ignazio La Russa per il convinto e tenace sostegno datomi. Torno a fare il militante».

A FARE INTENDERE che i giochi erano chiusi era stato in mattinata il segretario della Lega siciliana, Nino Minardo. La sua disponibilità a virare verso l’alleato Fi aveva definitivamente suggellato l’intesa già raggiunta ai piani alti. Con tanto di complimenti da parte di Miccichè, che ha guidato la fronda degli anti-Musumeci spesso pronunciando parole dure nei confronti del governatore, definito persino «sleale». «La Lega si è dimostrata un partito sensibile nei confronti dell’intera coalizione – dice Miccichè -. Un grazie a Matteo Salvini e a Silvio Berlusconi che si sono adoperati per trovare la soluzione. Speriamo che anche gli altri alleati della coalizione dimostrino lo stesso spirito di collaborazione». Per il leader degli azzurri nell’Isola «Stefania Prestigiacomo è la persona migliore per sfidare i mille problemi atavici di questa Regione e per gestire con intelligenza ed equilibrio i rapporti con tutti i partiti dell’alleanza», ennesima frecciata a Musumeci accusato proprio da Miccichè di avere snobbato durante la legislatura i partiti che lo avevano eletto. Domenica scade il termine per potere depositare i simboli elettorali. Ancora non si sa se il centrodestra sarà unito e chi sarà il candidato.

OGGI INTANTO Caterina Chinnici, vincitrice delle primarie dell’area progressista (poi evaporata) incontrerà il M5S: i 5stelle le sottoporranno un documento di nove punti, sui quali le chiederanno di fare da garante. Se uno solo dei punti non dovesse essere accolto, il M5s romperà il patto col Pd e correrà da solo alle regionali.