Per uscire dal cul de sac di Calabria in cui si è infilato da qualche mese, forse al Pd non resta che affidarsi al modello Simeri Crichi. E’ il nome della ridente località jonica, a metà strada tra Crotone e Catanzaro, dove proprio ieri il parroco di paese ha deciso di candidarsi a sindaco. Perché per risolvere il rebus regionali Calabria le vie terrene i dem ormai le hanno già perseguite tutte.

Il risultato è un caos senza precedenti a queste latitudini. Se prima del 2020 il Pd calabrese era un malato terminale, nel 2021 è uno zombie che cammina. La parabola di Nicola Irto è esemplare. Il consigliere reggino ieri ha fatto il bis. In una settimana è stato capace di ritirarsi dalla corsa a presidente della regione per ben due volte. Un primato mondiale.

Le motivazioni sono identiche. Un copia-incolla politico che lascia allibiti. Il suo è un nome che non piaceva ai 5 stelle, che non piace adesso e che mai piacerà. E per proseguire nell’alleanza il Pd lo deve depennare. Irto lo sapeva e infatti aveva già gettato la spugna il 31 maggio. Per poi risalire sul carrozzone elettorale dopo un incontro miracoloso con Francesco Boccia, inviato in Calabria da Enrico Letta.

Evidentemente, la missione di Boccia aveva irritato non poco i grillini. Che minacciavano di rompere se il Pd non rompeva con Irto. E, nel mentre, lanciavano segnali di fumo a Luigi de Magistris. Non si capisce allora il senso della retromarcia di Irto del 4 giugno. Se l’alleanza con i grillini in Calabria viene considerata strategica dal Nazareno (malgrado i 5 stelle alle regionali siano storicamente deboli) perché non accantonare Irto già a fine maggio? Misteri di Calabria.

Sta di fatto che il serrato confronto tra il candidato presidente e il suo partito è proseguito in questi giorni. Finché non ci ha pensato Letta in persona a dargli il benservito. E’ lo stesso Irto a precisarlo con un post in rete. «Ho incontrato nei giorni scorsi il segretario nazionale. È stata una discussione vera. Mi è stato spiegato che per fare un accordo politico con il M5S è opportuno individuare un’altra candidatura».

«Se siamo arrivati a questo punto -conclude – non è per una mia indisponibilità alla costruzione di nuove alleanze, ma perché ho posto pubblicamente grandi questioni politiche in ordine allo stato del Pd e ai problemi della mia regione. Questioni imprescindibili che prima o dopo andranno affrontate. Pur confermando il mio impegno, ribadisco che nei fatti la mia candidatura è del tutto superata».

La versione di Irto però è smentita dal Nazareno. «Nessuno gli ha chiesto di ritirarsi». Anzi, spiegano fonti dem all’Ansa, Irto resterebbe il candidato del Pd, anche se non viene esclusa la possibilità di allargare la coalizione anche ai grillini con cui ci sarebbe una trattativa in corso da settimane che sta coinvolgendo direttamente i due leader, Enrico Letta e Giuseppe Conte.

I 5 stelle spingono per un profilo civico del candidato, preferibilmente una donna. Ma non dovrà essere di area Pd (circola il nome di Anna Falcone, candidata con Leu alle politiche 2018). Sono i motivi per cui sono saltate le nomination dello storico Enzo Ciconte, ex parlamentare Pci, e di Nuccio Ordine, ordinario di Letteratura italiana all’Unical.

Oggi potrebbe arrivare da destra l’annuncio della candidatura di Roberto Occhiuto (attuale capogruppo di Fi alla Camera) a presidente. La designazione (diventata certa dopo le parole di Salvini e Meloni sulla «Calabria in quota Forza Italia») è destinata a produrre un effetto domino sullo scacchiere politico regionale. Non appena si aprirà la partita delle liste, Occhiuto punta ad averne almeno otto.

Ma non tutto è così scontato. Le piccole formazioni non sarebbero propense ad avallare le presenza di movimenti civici. Perché in questo modo si restringerebbero gli spazi (e i seggi) in caso di vittoria del centrodestra. Assai probabile visto il caos a sinistra.