Qualche stagione addietro, il cantautore performer Canio Loguercio ha compiuto sessanta anni e li ha celebrati con un party pieno di amici musicisti suonando assieme o singolarmente i brani prediletti, l’inevitabile prolungamento di quelle serate di festa tra fuorisede universitari dividendosi le prelibate cibarie arrivate dalla natìa Basilicata. Su quella lunghezza d’onda, puntando sul valore di stare assieme, Loguercio aveva lanciato mesi fa La compagnia, una rivisitazione del brano di Mogol e Donida del 1969 portato al successo da Marisa Sannia, registrando le basi via web con tanti collaboratori, una suadente versione corale in questa primavera di clausura obbligata. «Il mio cantato è un po’ cupo, naturale, quasi silenziosamente incomprensibile – confessa – Da ragazzo, alle feste, mi mettevo in un angolo con la chitarra e provavo i giri armonici delle canzoni. Anche in questa pandemia, ho cominciato prendendo appunti sonori sull’iPhone a casa e poi rielaborandoli insieme con Rocco Petruzzi, uno dei fondatori dei Little Italy, quaranta anni fa, che poi ha lavorato con Mango. L’ho ritrovato e ci siamo fatti prendere un po’ la mano negli arrangiamenti, persino con un attacco country-western o morriconiano, sul filo di questa nostalgia sentimentale». Da inizio dicembre è disponibile il suo nuovo lavoro, Ci stiamo preparando al meglio, un album che doveva vedere la luce nella scorsa primavera e rimandato dall’emergenza Covid per le tante difficoltà di gruppi e artisti indipendenti, restati a casa con teatri, cinema e concerti bloccati. Adesso il disco, edito dalla Squilibri nel consueto formato booklet curatissimo con le illustrazioni di Chiara Rapaccini, si svolge in dieci brani, piccole miniature intime e accattivanti.

RACCONTANDO un all stars variegato, tra novità, cover leggere e classici della canzone napoletana, pescati nel fondo della memoria e trasformati con elettronica povera, rumoristica, minimalismo, nel segno di una estrema originalità coniugando parole filtrate, sussurrate, roche e il canto di numerose preziose collaboratrici come Flo, Monica Demuru, Brunella Selo e la figlia Carolina Franco. Proprio la title track – riflesso dell’obamiano ‘the best is yet to come’ – diffonde una visione ottimista, tra ritmica vivace e screziature a più voci, «siamo dei sopravvissuti al grande errore/ siamo pronti all’assalto di un cielo grigio che si schiarirà», accompagnata da un videoclip diretto da Antonello Matarazzo con frammenti diversi, complici Andrea Satta e Sara Jane Ceccarelli, super il trombettista Luca De Carlo realizzato nel periodo di chiusura totale.

DA PIÙ DI UN VENTENNIO Loguercio si muove in quell’area confortevole tra teatro, sperimentazione sonora e canzone d’autore (tanto che nel 2017 Canti, ballate e ipocondrie d’ammore ha vinto la Targa Tenco come miglior album in dialetto), arrivando a portare i suoi spettacoli a casa di amici, in musei d’arte e feste popolari. Così la sua coinvolgente hit, Mia Cara Madre, una rivisitazione dell’eterna Lacrime Napulitane, di Bovio e Buongiovanni, datata 1925, simbolo dell’emigrazione meridionale oltreoceano, un’archetipa lettera declinata con le parole e le voci, in tante lingue differenti, dei migranti d’oggi, i marocchini, i senegalesi (con lo strepitoso Badara Seck) e i cingalesi che ci affiancano sull’autobus o dal fruttivendolo, grazie all’aiuto della cooperativa Casba e della Banda Basaglia. Nella straordinaria messa in scena video di Alessandro Scippa, tra lo storico molo San Vincenzo e la Chiesa di Donnaregina, una squadra di persone provano a rifarsi una vita altrove, agendo e lavorando, ritrovandosi in una tavolata tutti assieme, discepoli e maestri, fiatisti e cantanti, coriste e tecnici, un multietnico cenacolo con pane e vino.
«La filosofia chiave del disco è guardare al passato con commozione, con affetto delicato, con quel pizzico di follia collettiva, cercando di evitare la retorica, suggerendo vellutate nenie contemporanee.» Nel suo stipo di grandi classici, dove solo i veri maniaci inseguono una versione “rubata” di Dicitencello vuje, lunga dieci minuti, postata e scomparsa su Facebook, tocca stavolta a Core ‘ngrato ricadere nelle sue rielaborazioni creative, un canto volutamente tenerissimo su pochi arpeggi di chitarra. E un suo ipotetico prolungamento contemporaneo, Core ‘e plastica, il seguito della sue luminose perle a fil’e voce, “Musica musica/ c’a tradimento s’infizza e te mozzeca/ Musica musica/ Te schiatta ‘o fegato/ Sta cessa nostalgica /Comme si fosse comme si fosse/ ‘Na sera ‘e maggio co’ quart’’e luna”, molto vicina anche al nuovo mix di Luntano Ammore.

NON POTEVA MANCARE la chiusura del cerchio, la riproposizione di Quando vedrete il mio caro amore, un delicato andamento sinuoso, reso noto da Donatella Moretti nel 1963 e la melodia sul trascorrere del tempo, Incontro di Francesco Guccini, «una mia personale interpretazione di una grande canzone d’amore e nostalgia- confessa Loguercio – Questo è uno dei pezzi di Guccini che più mi appartiene. L’avrò cantato centinaia di volte con la chitarra nelle serate trascorse insieme agli amici, quando eravamo adolescenti». Una faticosa rincorsa alle cose perdute, alle persone e alle situazioni di un tempo, ancora più significative in questo glaciale periodo sospeso con uno stato d’animo irrequieto che vuole necessariamente prepararsi al meglio. «Teoricamente il disco sarà presentato dal vivo il 18 marzo all’Auditorium di Roma.- confessa – Non so se per comprare il biglietto, bisognerà esibire il tampone rapido o la vaccinazione. Lo dico per scherzare ma con questi chiari di luna…Noi speriamo di farcela e di stare molto meglio allora».