Amnistia e indulto? «Sarebbero l’unica soluzione, la strada maestra, per respirare un attimo e poter ripartire bene». Per la prima volta da quando, grazie ai Radicali, l’opzione dei provvedimenti di clemenza si è affacciata nel dibattito pubblico come possibile via d’uscita – seppur momentanea – alla illegale condizione carceraria italiana, un ministro di Giustizia ammette senza mezzi termini che «sarebbe la soluzione tecnica più semplice e più efficace».
Certo, anche Annamaria Cancellieri come l’avvocata Severino che l’ha preceduta preferisce tenere un basso profilo politico nel rispetto formale delle istituzioni: «Il problema è squisitamente politico e non mi appartiene – ha spiegato ai microfoni di Radio Radicale –; al Parlamento spettano le considerazioni che sono strettamente politiche» e di «decidere qualsiasi provvedimento di clemenza».
Ma all’orizzonte, in Parlamento, dove la Lega continua la sua crociata giustizialista e l’eco del tintinnar di manette di Di Pietro si riverbera oggi tra i pentastellati, non sembra apparire una rapida soluzione del problema. Come si è visto ieri a Montecitorio, dove l’ostruzionismo di leghisti e M5S ha costretto la commissione Giustizia alla seduta notturna per licenziare il provvedimento governativo sulle misure alternative al carcere e la messa alla prova.
Dopo aver esaminato oltre 200 emendamenti, il testo della legge delega – che trasforma la detenzione domiciliare in una pena detentiva a tutti gli effetti, comminata in sentenza – comunque è stato approvato. E ora, dopo il parere delle altre commissioni competenti passerà (la prossima settimana o più probabilmente quella successiva) al vaglio dell’Aula.
Ma i Beppini hanno già annunciato che voteranno no al provvedimento perché «contrari alla delega in bianco al governo sulle misure detentive domiciliari, che sono state innalzate per i reati con pena fino a sei anni – spiega il deputato Vittorio Ferraresi – È una delega che butta un sasso nello stagno senza preoccuparsi delle conseguenze. Per di più una materia così delicata non può essere lasciata nelle mani del governo senza paletti stringenti».
I 5 Stelle avrebbero voluto che la detenzione domiciliare fosse applicabile solo ai reati punibili con un massimo di 3 anni di carcere e non 6 come per effetto dell’emendamento governativo. Il testo delega però il governo a escludere alcune fattispecie di reato, tra quelle punibili con una pena edittale tra i 4 e i 6 anni. Ed è su questo punto che si concentra ora l’esplicita battaglia dei 5 Stelle, privi di mandato politico per gridare al «piccolo indulto mascherato», come fa la Lega.
Il testo di legge non piace nemmeno ai Fratelli d’Italia né all’Associazione nazionale dei funzionari di polizia che avverte: «In questo modo il Paese rischia l’emergenza sicurezza». Non dispiace invece alle associazioni che lavorano con i detenuti, come Antigone, a Sel e al Pd che spera di completare l’iter di approvazione entro l’estate.